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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Elégie pour Laviolette

Ho finalmente trovato tempo e forza per leggere l'ultima avventura del commissario Laviolette, personaggio creato da Pierre Magnan e solo parzialmente tradotto in italiano da Robin Editore. Di Pierre Magnan ho già parlato qualche anno fa, in occasione della sua morte: scrittore alquanto bizzarro per formazione personale, e direi anche per stile. Originario di Manosque e (quasi) sempre vissuto nella sua amata Provenza, "ha raggiunto il suo commissario il 28 aprile 2012". Queste le parole con cui la moglie Françoise annunciava su un sito ormai irraggiungibile il congedo definitivo da questo mondo dello scrittore. A distanza di otto anni, anche la moglie ha raggiunto Pierre per l'eternità, e non rimangono tracce digitali aggiornate. 

L'oblio sembra essere caduto su questo narratore spesso ostico, barocco, amante dei congiuntivi imperfetti e delle storie malinconiche. L'impegno editoriale per la traduzione delle sue opere ha perso apparentemente ogni spinta, ed anche il ciclio di Laviolette è reperibile solo nei mercatini o in biblioteca. E' un peccato, ma forse il pubblico contemporaneo non ha interesse. Ricorderò sempre il romantico acronimo LEMDA (eLle Est Mon Dernier Amour, lei è il mio ultimo amore), che Magnan volle utilizzare per il suo sito ufficiale http://www.lemda.com.fr. Se siete curiosi, ne trovate alcune istantanee attraverso archive.org. Sono molti i suoi libri mai tradotti in italiano, ed oggi vi parlerò brevemente dell'ultimo.

Magnan muore in età decisamente avanzata, 90 anni. Negli ultimi tempi la salute lo aveva abbandonato, e sul suo blog raccontava di avere idee per altri due racconti che probabilmente non avrebbero mai visto la luce. La sua ultima fatica, penso non solo letteraria, è questo congedo dal commissario Laviolette: molto interessante è l'introduzione dello stesso autore, che ricorda la genesi e i contrasti dal quale nacque questo personaggio bonario, con gli occhi sporgenti e il gusto per la France d'antan. La serie del commissario segue un filo cronologico piuttosto rigido, ma in fondo la lettura è piacevole anche in ordine casuale.

Il libro inizia dalla lunga convalescenza di Laviolette, che nella precendente indagine era stato gravemente ferito da parecchi colpi di pistola alla schiena. Se ben ricordo, qui si inserisce un dettaglio personale dell'autore, che non credeva di avere l'opportunità di aggiungere nuovi capitoli alla saga. Quindi Laviolette era stato lasciato riverso nel suo sangue, forse vivo o forse morto. Nel 2010, con l'ultimo colpo di reni della vecchiaia, Magnan riuscì ad accomiatarsi con un testo definitivo: l'elegia.

Laviolette è prossimo alla pensione, sofferente per un disturbo alla vista causato dalla forte emorragia. Non riesci più a leggere i suoi amati classici, e si sente finito. Ma l'amministrazione francese gli riserva un incarico apparentemente tranquillo nella sua Provenza: in modo sospetto, una bella signora ha il vizio di seppellire mariti ricchi a ripetizione. A Gap, paese delle Alpi dove la vita scorre lenta e forse cupa, viene affiancato dal magistrato Chabrand: vecchia conoscenza, per quanto abbia la metà dei suoi anni. Il giudice Chabrand è il tipi funzionario francese magro, intellettuale, tormentato e tristemente solo. Diverso dal commissario, e forse per questo così disposto a lavorare insieme.

La storia, devo dirlo per onestà, è un gran pretesto per raccontare della sua Francia che non esiste più. Credo che Magnan si sentisse già un reduce della vita, e nel libro si sofferma sul sapore del pane cotto nei forni che la nuova legge ha vietato, sui negozi sporchi gestiti da vecchiette furbe che spettegolano con i soliti clienti; sui cimiteri (ah! Quanto sono malinconici i cimiteri francesi!) di montagna che custodiscono secoli di amori, dolori, faide e delitti. 

Bisogna dimenticare Parigi, se si vuole leggere Magnan. Le sue pagine profumano di lavanda e di fiumi impetuosi, di montagne ostili e di uomini brutali. Questa volta, l'ultima, Laviolette tira tutte le somme in sospeso, in una piccola danza macabra che inevitabilmente ci commuove. La vita illude, dà e toglie: ma alla fine resta una tomba che per l'eternità guarderà le valli e le montagne di Provenza.  

Mi piace pensare che Pierre e Françoise riposino al sole delle loro Alpi, mentre l'ombra di Laviolette cammina lungo i sentieri del loro cimitero.



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