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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Il ragazzo in soffitta


Pupi Avati è prevalentemente conosciuto come regista (La casa dalle finestre che ridono resta un gioiello ritrovato dell'horror italiano, e anzi padano), nonostante abbia scritto alcuni saggi. È però dal 2015 che si dedica al genere del romanzo, e proprio questo Ragazzo in soffitta segna l'esordio di Avati come scrittore di fiction. Nel 2019 è apparso Il signor diavolo, che l'autore ha trasposto in sceneggiatura per il cinema.

La scena dell'intero racconto è simmetricamente ripartita fra Bologna, ai nostri giorni, e Trieste, a cavallo fra i '70 e gli '80 del Novecento. Idealmente, le due storie nascono lontane e convergono, pagina dopo pagina, verso l'epilogo. I protagonisti dei due filoni sono due ragazzi: il primo studia al liceo classico senza grandi risultati; il secondo è spinto, un po' controvoglia, allo studio della musica. Per entrambi gli anni dell'adolescenza sono difficili e scevri di riconoscimenti, ma i loro destini prenderanno strade antipodali.

Avati prende per mano il lettore, accompagnandolo nel resoconto di due vite separate da quasi quarant'anni o solo da cinque piani di scale. Gli errori del triestino, vittima molto più che carnefice, cambiano la vita del giovane emiliano per sempre: un gioco del fato che abbraccia due generazioni, senza pietà. 

Non si impressioni il lettore più sensibile, perché l'orrore del brutale omicidio di due ragazzine simboleggia la sconfitta e il martirio di un uomo buono. Non ci sono particolari raccapriccianti, e non ci sono indagini di polizia. La verità viene a galla, ma troppo tardi. 

Non cercate il trionfo della giustizia nelle storie di Pupi Avati, perché resterete delusi. Cercate, invece, l'umanità dei vinti; cercate la semplicità dei sentimenti, anche se fossero quelli più elementari.

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