Alto Veneto, dalle parti di Schio. Cinque sorelle bellissime, dalla pelle bianca come il latte. Un'accusa: quella di essere
anguane. Questi sono gli ingredienti del romanzo
Le cinque colombe, di Jenny Gecchelin.
L'autrice racconta l'epopea famigliare dei Dalla Vecchia fra gli ultii anni dell'Ottocento e la prima metà del
secolo breve. Vicende ambientate nelle valli del Pasubio, all'ombra delle montagne che hanno patito le ferite di una guerra devastante, e che sembrano vegliare severe sui destini di una comunità ancora rivolta al passato.
Jenny Gecchelin non esita a dimostrare il suo disappunto per un certo clima oscurantista che pesava sulle vite dei suoi avi, tra superstizione e aspirazione alla modernità. Le
strie, le streghe, in quelle contrade hanno il nome di
anguane, e attendono fra i boschi l'arrivo di qualche anima per perderla definitivamente.
Le cinque colombe sono, nell'immaginario della popolazione, figlie di una anguana, e dunque destinate all'emarginazione e al disprezzo assoluto. Pur bellissime, faticano ad avere corteggiatori; i vicini di casa le scansano con paura, i pettegolezzi corrono di bocca in bocca. Eppure la vita fa il suo corso, qualcuna si sposa e qualcuna si dedica alla cura dello zio invalido di guerra.
Tutto normale? No, perché anche senza scomodare il soprannaturale, la cattiveria umana sa fare disastri. Un abuso, una violenza sessuale possono trasformarsi nella dannazione perpetua, fino ad immolare il frutto
bastardo per riscattare la reputazione.
Pur fra tante imprecisioni che rivelano forse una personalità ancora acerba dell'autrice,
Le cinque colombe è un affresco cupo ma affascinante di una nazione che è profondamente mutata nel corso di pochi anni. Difficile distinguere il Medioevo dal 1950, in questa storia: ignoranza endemica, superstizione, chiusura mentale descrivono un
milieu da tragedia.
La scrittura di Gecchelin può talvolta richiamare quella dell'altro scrittore di montagna,
Mauro Corona, soprattutto nell'uso di alcuni regionalismi e nell'inserimento di ampie divagazioni sulla società e sui suoi difetti. Questo stile può dispiacere, ma è parte dell'opera.
Consigliato a chi, magari con un pizzico di ingenuità, prova nostalgia per la vita di un secolo fa.
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