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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

Un delitto



Mi sono avvicinato all'opera di Georges Bernanos quasi per attrazione magnetica, dopo aver letto alcuni romanzi di François Mauriac. La produzione dei due scrittori francesi è talvolta paragonata da lettori e critici, probabilmente a causa di quell'etichetta un po' vetusta di scrittori cattolici. E' vero che Mauriac e Bernanos appartengono alla borghesia cattolica francese del Novecento, di stampo clericale e tendenzialmente moralista. Tuttavia Bernanos si riposizionò con decisione, smarcandosi da ogni simpatia per il franchismo spagnolo. Mauriac fu per certi versi meno controverso, ostinatamente conservatore e pedante fino in fondo. Ma ottenne un premio Nobel per la letteratura, con tutti gli onori e le maldicenze che ne conseguono sempre.

Vuole la tradizione popolare che questo romanzo, Un delitto, sia stato scritto a scopo di lucro. Opera dunque nata dal bisogno e probabilmente frettolosa. L'ambientazione è affascinante, fra le gelide e ventose montagne delle Alpi di Grenoble, precisamente nel borgo di Mégère. Qui giunge, in piena notte, il nuovo curato: giovane, già carismatico, forse destinato al porporato.

Ma quella stessa notte si odono alcuni colpi d'arma da fuoco, ed è proprio il curato che lancia l'allarme. Mentre il paese propende per uno scherzo di cattivo gusto, ecco che tra gli alberi qualcuno scorge un uomo ferito gravemente al petto. Respira a fatica, ed anzi la sua bocca è piena di terra e sassi. Chi gli ha sparato, e perché? Sul posto arriva un giudice di bassa statura, arguto ma fiaccato da una influenza acuta. Nel giro di poche ore anche una vecchia vedova, ricca e scorbutica, si prende una gran botta alla nuca in camera sua: morta sul colpo.

Bernanos imbastisce una trama che potrebbe essere gustosa, ma che non riesce mai a compiersi con soddisfazione del lettore. La figura del curato, annunciato come protagonista nel risvolto di copertina, cede presto la scena al giudice febbricitante e forse delirante. A sua volta il giudice non ha la forza di essere protagonista, non ne ha la statura letteraria e il carisma: simpatico, probabilmente acuto, ma incompiuto. Gli altri personaggi sono un contorno sciapo ad una portata mal cucinata.

Il finale sorprende sempre il lettore, probabilmente tramortito dallo stile barocco e involuto dell'autore. Arriva l'ultima pagina, e l'impressione è che la tipografia abbia smarrito un capitolo. Bisogna tornare indietro, ripensare a certi dettagli apparentemente insignificanti, concentrarsi su qualche parola estemporanea. Ma la spiegazione, credetemi, sfiora l'incredibile più assoluto.

Gli estimatori hanno scritto che Un delitto deve essere apprezzato proprio per la lontananza dal cliché del polar (il giallo francese). Concediamo pure all'autore di averci tenuti fino all'ultima riga con la voglia di scoprire il mistero di Mégère; però non è così che si scrive un romanzo di indagine su due omicidi. Alla luce della spiegazione, i fatti si incastrano solo in superficie: nel profondo tutto resta surreale, quasi grottesco. Non commento, invece, il moralismo da sacrestia di Bernanos, che spingeva preti e monache anche dove non se ne sentirebbe alcuna necessità.

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