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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Le pietre, di Claudio Morandini


A Sostigno, immaginario paese di montagna che potremmo collocare nella Valle d'Aosta in cui Morandini è nato, iniziano a piovere pietre. Letteralmente: nel soggiorno dei Saponara, una coppia di insegnanti cittadini che si è trasferita "in alto" in prossimità del pensionamento, alcuni sassi cadono dal soffitto.
Ma il bello è che non restano lì, fermi come tutti i sassi: si muovono, hanno vita propria, strisciano e vibrano. E possono fare molto male.

Inizia così il più recente romanzo di Claudio Morandini, pubblicato da Exorma. Narrato in prima persona dalla voce di un bambino all'epoca dei fatti, ma ormai adulto, è questo il resoconto di una vicenda misteriosa, gustosa come le favole nere. I Saponara diventano, loro malgrado, protagonisti di una storia del soprannaturale senza lieto fine. Beh, per essere precisi, non è del tutto vero, ma lascio al lettore la scoperta della storia. Tra paragnosti (di nome e... di fatto), eruditi saccenti, montanari introversi e ragazzini dispettosi, il caso delle pietre semoventi avvince il lettore e lo conduce verso un parziale colpo di scena, tanto più riuscito quanto più innocente.

Morandini conferma il suo talento di narratore di storie di montagna, un po' alla Mauro Corona. Qualche tic linguistico alla lunga annoia (ad esempio l'abitudine di iniziare le frasi con "Basta", probabilmente un francesismo valdostano), ma la qualità del libro è fuori discussione. Superiore, se mi si concede, anche al precedente e premiato Neve, cane, piede.

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