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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

I baffi, di E. Carrère

In queste settimane di pandemia, ho scoperto la difficoltà di leggere narrativa. Per lavoro ho dovuto (e tutt'ora devo) leggere di matematica, ma la narrativa sta diventando un blocco. Immagino sia una reazione di tipo traumatico alle paure del presente e del futuro.

In un mese sono riuscito a terminare solo questo (breve) romanzo di Emmanuel Carrère, che Adelphi ha pubblicato a più di trent'anni dall'uscita in lingua francese. A posteriori devo ammettere che avrei potuto scegliere una lettura meno angosciante, ma ormai il danno è fatto.

La trama, tecnicamente esile, di questo inquietante racconto nasce da un evento di assoluta banalità: il protagonista decide di radersi i baffi. Dopo tanti anni, il suo viso ha bisogno di un'aria nuova, forse più giovanile. Cinque minuti, e quei peli sul labbro superiore sono caduti nel lavandino. E da questo momento comincia un incubo.

Per prima la moglie si mostra completamente indifferente alla novità, anche perché sostiene che novità non sia: il marito non ha mai portato i baffi! Alla certezza della consorte si allineano presto i migliori amici della coppia, fino al punto di negare l'esistenza di quei baffi perfino nelle foto di tanti anni prima.

Scoppiano furiose litigate, vengono tenere riappacificazioni, ma la negazione dei baffi resta totale. Di più, in un paio di giorni scompaiono i ricordi dei viaggi di piacere, delle vacanze, perfino del padre: sarebbe morto un anno addietro, ma il nostro protagonista è convinto di averlo visto a pranzo solo domenica.

Pazzia? Complotto? Tutte le ipotesi si accavallano in un vortice di paranoia e di disperazione. Ma è esattamente in questo climax di tensione psicologica che la narrazione si chiude su sé stessa. La seconda parte del libro, quella della fuga verso Honk Kong, mostra una certa mancanza dell'idea che avrebbe potuto trasformare questo libro in un piccolo capolavoro. Invece la lettura si banalizza, sembra il copione di un film TV, o di un episodio delle vecchie serie ai confini della realtà.

Il finale, che non svelo, regala molto ribrezzo ma poca soddisfazione. Di Carrère ho letto ancora poco, ma altrettanto scarse sono le soddisfazioni che ne ho tratto. Riassumendo: l'idea è buona, ma il risultato finale delude.

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