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Condominio R39
Scrittore italiano, delusione sicura. Questo dovrebbe essere il motto del mio casato. L'opera prima di Fabio Deotto, biotecnologo classe 1982, non fa purtroppo eccezione.
La quarta di copertina si affretta a richiamare i condomini di Ballard e di Polanski, naturalmente. Peccato che il condominio di Deotto, sperduto da qualche parte di Milano, sia soprattutto una caricatura confusa e insipida di quei capolavori.
Scritto secondo la tecnica del salto nel tempo, alternando cioè paragrafi in diretta e paragrafi in flashback, il libro racconta di un misterioso incendio divampato nel condominio del titolo in un caldo marzo. Nessuno muore, ma alcuni abitanti giacciono in stato comatoso all'ospedale. Il commissario Pallino (none del menga, ma in fondo anche Maigret ha un significato piuttosto curioso in francese) indaga, perseguitato dal passato e dalla gastrite del presente.
In un confuso alternarsi di storie, puntualmente patetiche e dunque italiche, l'enigma si dipana sotto gli occhi increduli del commissario. Tutti gli stereotipi sono presenti: il poliziotto sfigato, la moglie sul punto di lasciarlo, lo spunto horror, il delitto e il castigo, Peyton Place, e compagnia cantante. Incomprensibile la pubblicità ostentata di un noto smartphone che assurge a sinonimo di telefono cellulare.
Che dire? In una nazione che pubblica più libri di quanti ne legga, uno più o uno meno ha poca importanza.
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