Passa ai contenuti principali

In primo piano

Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Verità


Oggi è la giornata mondiale contro la tortura. Che sia una brutta cosa penso lo sappiamo tutti. Però non sembra sconvolgerci così tanto.
Sono passati tanti mesi da quando un giovane ricercatore italiano, di un piccolo paese friulano che dista pochi minuti dalla casa della mia fidanzata, è stato rapito, torturato ed ucciso in Egitto. Immediatamente sono stati tolti dai cassetti i modelli prestampati di indignazione pubblica: ministri, sottosegretari, uscieri, nani e ballerine hanno espresso la ferma volontà del governo italiano di arrivare subito alla verità.

Poi ci siamo ricordati che in Egitto andiamo magari in vacanza, e soprattutto che le armi per ferire ed uccidere non le fabbricano in cantina.
Così la febbre dell’indignazione è scesa, curata dalla tachipirina dell’ipocrisia e dell’opportunismo. In fondo dobbiamo portare a casa i marò e pure i loro amici a quattro zampe, perché sicuramente fanno un mestiere più nobile dell’inutile ricerca scientifica. Oltre naturalmente la famiglia, resta Amnesty International a ricordarci che un giovane di belle speranze è finito in un fosso mentre lavorava per un’università inglese che ora rifiuta di collaborare alle indagini.

Ma restano anche i commenti quasi osceni degli avventori che si sentono Macchiavelli: se uno cerca guai, prima o poi li trova. Tutti pronti a trasformare un dottorando in una spia al servizio dei comunisti (avete letto bene, una collaborazione saltuaria con il manifesto è un’ammissione di adesione ai valori della rivoluzione proletaria), peraltro incapace.

Ho partecipato come ho potuto alla campagna di sensibilizzazione per la verità. Ho scritto al rettore della mia università perché pubblicasse un banner di solidarietà sulla home page (ottenendo una risposta positiva), ho partecipato al Twitter Storm di oggi, parteciperò ad altre iniziative in futuro. Ma il morale è basso. In Friuli le case sono coperte di poster gialli che chiedono una risoluzione del caso, mentre a Milano i problemi sono, forse comprensibilmente, altri.

Non ho capito se sappiamo chi ha abbattuto il DC-9 sopra Ustica, figuriamoci se ci interessa davvero scoprire chi si è sbarazzato di un trentenne italiano al Cairo. Il sole abbronza, il mare è azzurro, e poi non poteva andare a scocciare in Finlandia, dove nessuno ti tortura? Comunque adesso pensiamo ai marò, che hanno solo scambiato un pescatore per un terrorista. Sì, come se non sapessimo che i terroristi indiani si travestono da pescatori per inguaiare i nostri soldati… Siamo furbi noi italiani, che ti credi?

Commenti

Post più popolari