Per la prima volta, quest'anno, ho avuto l'incarico di insegnare Analisi Matematica alle matricole di Fisica e Matematica. E' una bella esperienza, anche se gravosa, e risveglia nella mia memoria i ricordi di quasi venticinque anni fa.
E' cambiato qualcosa, da allora? Lo potrò dire solo al termine del semestre, ma la prima sensazione è che le differenze esistano. Innanzitutto, la
percezione di due corsi di laurea scientifici così specialistici non è oggi altrettanto estrema quanto lo fosse ai miei tempi. Le matricole di matematica, in particolare, erano associate alla vocazione per l'insegnamento, e in casi più rari per la ricerca. Ma questa ricerca era vissuta come una sorta di eremitaggio nell'iperuranio delle idee astratte.
Oggi, al contrario, è passato il messaggio che una laurea in matematica possa essere spesa anche in modo meno tradizionale, ad esempio nei vari settori che ruotano attorno all'economia e alla finanza. Non entro qui nel merito del dibattito acceso sull'uso improprio della matematica per generare i mostri sociali del capitalismo.
Il risultato è che nella mia università abbiamo circa cinquecento fra matricole di matematica e matricole di fisica. Il quintuplo della mia classe di immatricolazione nel 1993-1994.
Una delle conseguenze di tale
esplosione aritmetica è che molti studenti arrivano con un'idea alquanto vaga del corso di studi in matematica. Anche l'evoluzione dell'insegnamento scolastico ha scavato un solco profondo fra le conoscenze
desiderabili per un buon percorso accademico e le conoscenze
effettive di un neo-diplomato. Questa realtà ci obbligherà a rivedere, purtroppo al ribasso, i contenuti dei nostri corsi universitari. Questo passaggio si è già compiuto nei sistemi di altri Paesi, e temo che non esista vaccino.
Non posso certo discutere in questa sede di matematica in senso tecnico, ma vorrei fornire pochi, ragionevoli consigli ai miei studenti del primo anno: spero che possano essere utili, anche solo come spunto di riflessione.
- Studiare matematica in un corso di laurea specifico non significa apprendere l'uso di tecniche di calcolo. Questo è forse il malinteso più comune e più pernicioso: saper calcolare le derivate mediante una tabella di regole esplicite non farà di voi un matematico. Ad alcuni studenti può bastare, soprattutto se nutrono ambizioni in diversi campi scientifici.
- Gli esami non si superano memorizzando centinaia di pagine. Potete mandare a memoria gli enunciati di dozzine di teoremi, ma questo non vi garantirà di avere successo in sede d'esame. Domandatevi se avete capito perché un certo teorema abbia quelle ipotesi, e che cosa accade se alcune di esse vengono meno. Studiate le dimostrazioni, ma soprattutto cercate di rifarle da soli. Chiudete il libro e gli appunti, scrivete su un foglio bianco l'enunciato del teorema che volete dimostrare, e cercate di produrre una dimostrazione. Non serve che lo facciate con le identiche parole del libro: serve che capiate ogni passaggio logico.
- Non affidatevi, se possibile, ad un unico libro di testo. Per quanto classici, gli argomenti trattati nei vostri corsi possono essere esposti in modi diversi, e non è garantito che l'autore del vostro libro sia capace di farsi comprendere chiaramente. Esistono, come ovvio, anche cattivi libri di matematica. Chiedete allora al vostro docente, spendete un'ora in biblioteca, sfogliate e consultate libri simili al vostro. Può succedere che la vostra mente si spalanchi all'improvviso.
- Fate tanti, ma proprio tanti esercizi. La matematica non è affatto una scienza contemplativa. Guardare i teoremi che scorrono sulle pagine dei libri è noioso e poco produttivo. Solo mettendovi alla prova su un problema vi consentirà di valutare la vostra comprensione. All'inizio, va da sé, gli esercizi non riescono: la vostra soluzione potrà essere parziale, magari scorretta. Ma se non siete capaci di gestire queste minuscole sconfitte, difficilmente diventerete buoni matematici. Sì, perché tutti i matematici sbagliano, più volte al giorno.
- Imparate ad uscire dagli schemi logici della vita quotidiana. Non siete scienziati sperimentali: per dimostrare il teorema di Pitagora, non basta disegnare un triangolo ed osservare che il teorema è verificato. In altri termini, dovete imparare ad astrarre, cioè a discostarvi da qualunque caso particolare. Se un esercizio chiede di dimostrare che "per ogni $x \in \mathbb{R}$ risulta ..." non potete scegliere $x=2$ e passare oltre. Dovete tenervi un generico numero reale $x$.
- Per studiare matematica (ma anche altre materie, ci mancherebbe) occorre una grande disciplina mentale. Non potete preparare un esame fra una lezione di pianoforte e un pomeriggio al mare. A volte, non sempre, una dimostrazione vi perseguiterà fin sotto la doccia, mentre siete a tavola, probabilmente anche di notte. Il programma di un esame potrebbe essere contenuto in cento pagine (invece delle duemila di alcuni esami di giurisprudenza o lettere), ma una pagina di matematica a volte vale quanto cento pagine di critica letteraria. A volte, non sempre.
Quindi staccare è difficile, soprattutto se la materia vi appassionerà. Un amico, anni fa, mi raccontò che dopo aver studiato matematica per un pomeriggio, aveva bisogno di due ore per... tornare normale!
- Infine, e mi dispiace dirlo, la sola buona volontà non è sufficiente per diventare buoni matematici. Studiare tanto non è sufficiente, se alla fine capite di non riuscire a dire nulla di originale. Il mestiere del matematico è soprattutto quello di creare nuovi teoremi, dimostrandoli. Serve dunque una certa dose di creatività, che è diversa dallo studio dei teoremi altrui.
Se questi consigli vi saranno stati utili, potete farmelo sapere (i modi per contattarmi non mancano, a partire da questo blog). Per adesso, in bocca al lupo!
Commenti
Posta un commento