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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

L’ottimizzazione dell’ignoranza

Stamattina ho letto molti commenti su un articolo inerente lo sbarco sulla Luna. Come e più della piattezza della Terra, si tratta di un evento storico flagellato dalle sciocchezze dei cosiddetti scettici. Ora, a pochi giorni dal cinquantesimo anniversario, anche un noto quotidiano fa sponda ai negazionisti dell’allunaggio.

Insegnanti, divulgatori, docenti universitari, storici, si sono precipitati a suggerire la vecchia medicina: lo studio, preferibilmente sui libri di fisica, ingegneria, matematica. E, ovviamente, storia. Tutto giusto, ma perché non funziona? Perché queste teorie strampalate e complottiste si moltiplicano peggio dei conigli di Fibonacci?

Sono di indole incline al pessimismo, e propendo per una spiegazione sociologica: l’uomo (sempre inteso come abbreviazione di essere umano) ha un’attrazione all’ottimizzazione, probabilmente legata all’evoluzione del cervello. Se punta ad un obiettivo, cerca (giustamente) la via più breve, e comunque la via meno faticosa. Si tratta di un approccio intelligente, che però può sortire effetti nefasti.

Se è intelligente costruire utensili con poco sforzo, oppure progettare automi capaci di svolgere lavori pesanti, meno intelligente è cercare scorciatoie alla formazione intellettuale. L’intelletto è la virtù che più separa l’uomo dal resto del mondo animale, e non è un bene che il cervello impigrisca come un pensionato sul divano. Si dice che internet è una gigantesca enciclopedia, e tecnicamente è accettabile. Il problema nasce con l’uso che ne facciamo.

Gli eruditi classici possedevano enormi biblioteche, ma il punto è che leggevano e studiavano su quei libri. Internet, al contrario, è spesso utilizzata come un paracadute contro l’ignoranza: ignoro la tal cosa, ma posso sempre cercare in Rete. Questa accessibilità , ben diversa dall’accessibilità di una biblioteca cartacea, ci sta rendendo svogliati, e anche più insipienti.

Questa tendenza al risparmio delle forze emerge, legittimamente, in tutti gli ambiti. Pochi giovani accettano di svolgere mansioni faticose, anche se onestamente retribuite e come esperienza temporanea. Non sto ora rimpiangendo i vecchi tempi del lavoro manuale nei campi, però il fenomeno è lo stesso di prima:se l’obiettivo è quello di condurre una vita serena e soddisfacente, perché non tentare la via più economica? Il mondo è pieno di persone piuttosto “semplici” che guadagnano soldi a palate senza mai fare fatica. Opinionisti, influencer, magari alcuni politici: un lungo elenco. Imparare un’arte costa anni di lavoro e di fatica, fisica e intellettuale. Ne vale davvero la pena? Questa è la domanda cui proprio la nostra intelligenza ci ha portati a formulare!

Generazioni di donne e uomini hanno costruito un presente pieno di strumenti straordinari, ma non è chiaro che il futuro seguirà la stessa strada. Esiste un massimo (relativo o assoluto) per la funzione di evoluzione intellettuale? Un livello oltre il quale l’umanità diventa vittima della sua stessa intelligenza, e inizia a regredire verso l’ignoranza a causa della (teorica) accessibilità dell’informazione?

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