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La matematica, la sua pedagogia, il suo disinteresse
Leggo - finalmente - il recente libro di Riccardo Giannitrapani. L'autore è docente di matematica presso un liceo di Udine, e si dedica con passione e costanza al duro mestiere di trasmettere l'amore per la sua disciplina. Dall'esperienza di insegnamento è nato questo bel libro, adatto anche ad un pubblico generalista.
Come accennato, il principale interesse di Giannitrapani è costantemente la bellezza delle idee matematiche, e la loro profondità ancora prima della loro memorizzazione. Capire un concetto è sempre meglio che studiarlo a memoria: questo è il messaggio che arriva, forte, al lettore. Si parla ad esempio dei numeri, che nell'immaginario comune dovrebbero essere il principale ente matematico. Ciò non è, come l'autore ci spiega: un passo fondamentale nella storia della matematica è stata la consapevolezza che un numero non coincide con il suo uso per contare. Il numero $2$ non coincide con $2$ mele, così come il numero $7$ non coincide con le $7$ dita di una mano. D'altronde pensiamo certamente a $7$ dita, ma anche a $7$ spose per $7$ fratelli.
Ecco allora che arriva Giuseppe Peano, matematico piemontese di grande rigore e austerità, che costruì un sistema assiomatico per definire l'insieme $\mathbb{N}$ dei numeri naturali (i numeri $0$, $1$, $2$, $3$, ecc.) . Gli assiomi di Peano sono affrontati solitamente nei corsi universitari, ma non è forse impossibile raccontarli già agli studenti liceali. Giannitrapani li prende a modello proprio per mostrare la bellezza delle idee matematiche, che consistono nel dare assiomi e nel dedurne teoremi. Ad esempio, nel libro impariamo come dimostrare che $2+2=4$ a partire dal sistema di Peano. La presunta ovvietà di questa affermazione è presa dall'autore come emblema della potenza matematica: andare oltre l'impressione empirica, e seguire rigorosamente le strade della logica.
Questa argomentazione, ben nota a tutti gli insegnanti di matematica, ha due facce assolutamente di segno opposto. Consideriamo la dimostrazione che $2+2=4$. Gli studenti di una ipotetica classe tendono a dividersi in due fazioni: quella degli stupiti, che restano a bocca aperta davanti allo splendore del ragionamento logico; e quella dei cinici, che continueranno a farsi beffe della fatica necessaria per scoprire una banalità.
A questa contrapposizione di fazioni si riduce - a mio parere - l'annoso problema dell'odio per la matematica. Che poi non è tanto odio, quanto freddezza. Semplificando fino all'eccesso, questi approcci creativi all'insegnamento della matematica la fanno amare a quanti già la amerebbero nell'impostazione tradizionale. Gli altri resteranno piuttosto indifferenti, se non addirittura scettici.
La matematica è una disciplina scientifica sui generis, soprattutto perché non è di natura sperimentale. Per capirci, un matematico non afferma che $n+m=m+n$ per ogni coppia di numeri $n$ ed $m$ soltanto perché non si trova alcun esempio in cui questa uguaglianza fallisca. Un matematico deve dimostrare che questa proprietà è vera a partire dagli assiomi della teoria dei numeri. Il lavoro di un fisico o di un biologo è molto diverso, perché la "prova del nove" di qualunque teoria resta sempre il mondo là fuori, cioè la natura. Molte formule della Fisica classica sono considerate vere pur essendo false: più correttamente sono vere entro i confini di certe approssimazioni, che magari sono le uniche misurabili quotidianamente. Degli effetti relativistici ci accorgiamo solo in esperimenti che non appartengono all'esperienza di tutti i giorni, perché nessuno di noi è solito viaggiare a velocità paragonabili a quelle della luce.
D'altronde credo che negli anni si sia insistito fin troppo sullo slogan "nessuno è negato per la matematica". Ho sempre avuto una mia teoria - questa empirica, lo ammetto: altrettanti studenti sono assolutamente negati per la chimica, ma è più difficile accorgersene perché la chimica si studia meno della matematica. E altrettanti sono negati per il latino, ma alla fine del latino importa a ben pochi. Invece la matematica "è ovunque": per fortuna che se ne occupano persone che ne capiscono qualcosa, aggiungerei.
Lo dice anche Giannitrapani: la matematica sarà senz'altro ovunque, ma pochi la vedono e continuano a vivere felici. C'è matematica nei telefoni, nelle automobili, negli aerei, nei treni. Ma possiamo fingere di non saperlo, e continuare ad usarli. C'è tanta matematica anche nell'arte di lanciare un pallone nel canestro, ma non sono molti i campioni NBA che risolvono equazioni differenziali prima di un tiro da tre punti.
Studiare matematica e magari fare matematica è un mestiere complicato, come è complicato studiare ingegneria e costruire nuovi motori più efficienti. Eppure si impara a guidare anche senza una laurea specifica. Tutte queste parole per ribadire un'altra ovvietà: se un ragazzo non ama la matematica, non è un fallimento del sistema. O almeno non più che nel caso di un ragazzo che non ami lo studio del violino o della meccanica quantistica.
L'ho già scritto tempo fa, e lo ribadisco: gli studiosi e gli insegnanti di matematica dovrebbero uscire al più presto da questo complesso di inferiorità nel quale si sono relegati da soli. Bisogna accettare che per molti la matematica resterà uno strumento elementare ed utile, e per altri sarà un brutto ricordo di gioventù. Qualcuno, invece, se ne innamorerà e si appassionerà alle teorie più astratte e intriganti. Succede davvero tutti i giorni, perché siamo capaci tutti di ascoltare Glenn Gould che suona Bach, ma solo pochi sono in grado di riprodurne le esecuzioni. Tanti vedono che la musica esiste, pochi la creano.
Il libro di Riccardo Giannitrapani è infine prezioso ed inutile allo stesso tempo. Spero che tanti giovani si appassionino alla matematica perché permette di scrivere i numeri razionali sotto forma di frazione continua. Però mi permetto di essere scettico: questa scoperta, narrata con stile nel libro, forse finirà per incrementare la passione di chi ha già passione, E per allontanare ancora di più chi si sente già lontano dal metodo matematico. Ma in fondo è proprio tutta qui l'essenza di questa meravigliosa disciplina, essere importante senza badare all'utilità. Non serva, ma padrona.
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