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Una storia dell'orrore italiana
Ho sempre amato le storie di paura, dell'orrore. Quando ero bambino, ogni film spaventoso era un appuntamento imperdibile. Negli anni, tuttavia, ho maturato una certa diffidenza verso la letteratura horror, soprattutto verso i cosiddetti autori cult.
Non riesco a ricordare in quale modo io sia venuto a conoscenza dell'opera d'esordio di Paolo Prevedoni. Probabilmente è stato un esempio di pubblicità ben mirata, ma possiamo altrettanto dire che uno spirito ci ha messo lo zampino. Sia come sia, Una storia dell'orrore italiana è stato una lettura di puro intrattenimento: centinaia di pagine scorrono veloci davanti agli occhi, senza noia.
La vicenda è ambientata nell'immaginario borgo di Miraniente, nel lembo più occidentale della Pianura Padana, fra Alessandria, Pavia e Valenza. Miraniente è un paese dimenticato da Dio e dagli uomini, noto alle cronache soprattutto per le sanguinose vicende collegate alla Villa Bianca: i morti per cause tragiche e cruente non si contano da un secolo, mentre la polizia e la magistratura archiviano ogni caso come incidente senza responsabili.
Un giorno uno scrittore romano, specializzato in letteratura horror, riceve una strana proposta da un anziano industriale di Valenza: scrivere la storia della Villa Bianca. Questo è - ovviamente - l'inizio dell'incubo: ambientazioni gotiche, abitanti ostili, misteriore apparizioni oniriche.
Paolo Prevedoni esordisce con un lungo racconto scritto con mestiere sorprendente. Come inevitabile, alcuni passaggi restano senza spiegazione, ma questo non modifica il mio giudizio estremamente positivo su questo libro. Non entrerà nelle stanche liste degli stanchi premi letterari italiani, ma è la scelta giusta per qualche giorno di lettura appassionante.
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