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L'estate che sciolse ogni cosa
Vi parlo oggi di un'opera prima che secondo molti è stato l'evento letterario del 2020, un successo forse inaspettato nel giro delle grandi case editrici italiane.
Ohio, estate 1984: Fielding Bliss è un ragazzo come tanti. Padre avvocato di un certo successo nella contea, madre casalinga che non esce di casa per una fobia bizzarra della pioggia, fratello maggiore che sta per sfondare nel mondo del baseball. Le tribolazioni di un decennio destinato ad essere tanto rimpianto quanto detestato sembrano restare sullo sfondo della provincia americana. Ma Autopsy Bliss, il padre di Fielding, compie un gesto assurdo: pubblica una lettera di invito per il diavolo, sul quotidiano locale. Avete letto bene: il demonio.
Il romanzo inizia così, con uno spunto totalmente sconclusionato, che diventerà tragico il giorno in cui Fielding incontra un ragazzino nero. E con lui, il caldo più torrido della storia dell'Ohio. Un caldo infernale. Il bambino, magro e sporco, si presenta con una certa ambiguità: fa ragionamenti profondi, che strappano il cuore, e dichiara fermamente di essere l'Angelo Caduto. Ha anche due vistose cicatrici sulla schiena, come due ali recise. Chiede di essere chiamato Sal.
Neanche un giorno di quell'estate sarà come prima. L'arrivo del demonio getta nel panico l'intera città, e per di più di un demonio nero. L'Ohio non è New York, i pregiudizi sono crudeli, e stranamente misteriosi e tragici incidenti accandono attorno a Sal. Lo sceriffo fa da mediatore, consente a che Sal viva con i Bliss almeno per qualche tempo. Arriveranno mesi di sudore, siccità, e morte. Morte ovunque.
Vorrei essere chiaro: non stiamo parlando di un romanzo sul demonio. Il Male è in ogni maledetta pagina, ma l'unica rivelazione possibile è che il Male siamo noi. Una falce senza misericordia si abbatte su quella piccola contea dell'Ohio, e la mano che impugna non ha niente di disumano. È un romanzo bellissimo, scritto in una lingua musicale ed armoniosa come solo gli scrittori americani sanno fare. Su ogni pagina si versano lacrime, perché Sal è capace di consolare e distruggere, di salvare e di condannare, e lo fa nel modo più semplice: mostrando ad ognuno ciò che è. Potrà mai esserci un lieto fine?
L'Estate di Tiffany McDaniel è un romanzo di formazione, o di passaggio, potente come pochi altri. Ci parla di noi, perché siamo tutti un po' Fielding Bliss davanti ai drammi della vita. Ci sentiamo tutti incapaci di dare una risposta, la risposta definitiva. Forse quella risposta non c'è, ma continuiamo a cercarla tra i brandelli del nostro dolore e del nostro Male.
Concludo con una postilla: riprenderò questo discorso nella prossima recensione di un altro romanzo, Magnificat, di un'altra esordiente italiana, Sonia Aggio. Capirete a tempo debito perché c'è un filo che unisce in qualche modo questi romanzi, pur con profonde differenze.
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