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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Favorisca documenti!

Ogni viaggiatore italiano familiarizza con una frase particolare: "Se mi dà un documento..."
Quando si arriva in un albergo, la legge prescrive che il gestore registri tutti i clienti, trascrivendo gli estremi di un documento di identificazione o facendone una fotocopia. Onestamente ignoro quale sia la sorte di questi foglietti scritti in caratteri minuscoli: finiscono in questura? Oppure in uno scatolone impolverato, dentro un container?
La prima volta che ho passato le vacanze in Francia, mi sono presentato alla reception con la carta di identità in mano, come alla visita militare. La signora dietro il bancone mi ha guardato con curiosità, come se fossi un profugo proveniente da una feroce dittatura. Sembra che nel Paese dei formaggi non sussista alcun obbligo di registrazione dei clienti. Per amore di verità, in nazioni altrettanto civili si comportano apparentemente come noi: in Svizzera, in Belgio e penso anche in Germania. Questo solo per allontanare un'accusa di anti-italianità.

Tutto ciò mi ha sempre fatto riflettere: perché le autorità di polizia vogliono sapere dove vado a dormire? Perché non serve un documento per entrare in una pizzeria, ma serve per entrare in una locanda? Dormire è un'attività da delinquente, mentre mangiare non lo è?
Qualcuno tirerà fuori il terrorismo, l'Undici Settembre, la Strage degli Innocenti; tutto vero, teoricamente. Ma resto convinto che certe leggi dovrebbero concedere più fiducia. Non so quanti pericolosi criminali siano stati fermati grazie ad una registrazione in albergo, temo pochi.

Commenti

  1. Forse ti può interessare che il *concetto* stesso di carta di identità o di identificazione da stato di polizia non è ovunque accettato come dato di fatto, come invece accade in Italia (esempio: http://en.wikipedia.org/wiki/Identity_Cards_Act_2006).
    L'Italia nasce e sopravvive come stato di polizia, per certi aspetti: appena entri in una casa per starci anche una sola notte in teoria devi registrarti alla polizia, appena ospiti qualcuno dovresti fare altrettanto, e ogni albergo ha il dovere di fare questo (controllando l'identità con carte di identità o passaporti etc.). La cosa strana non è che sia così, ma che non c'è nessuno che si renda conto che è una violazione della libertà individuale, non giustificata e non comune, violata da uno stato che da sempre ha molti più diritti di quanti ne abbiano i cittadini-sudditi.
    Ma davvero non hai mai visto i film dove in america si registrano con falso nome negli alberghi?

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