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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

La politica dello snob

Non dovrei mai scrivere di politica, e forse nemmeno parlare di politica: si rischia sempre di litigare con qualcuno o di crearsi una pessima fama. Ma in questi giorni ho accusato una saturazione di informazioni che non riesco ad ignorare.
Tanto per cominciare, l'incauta uscita di tale Beppe Grillo e talaltro Gianrobertenricomaria Casaleggio che sputacchiavano in Rete che il loro (possessivo, di proprietà) movimento non si occuperà di indulto perché altrimenti perderebbe i voti della ggente.
Poi mi faccio del male da solo, guardando una puntata del programma Report di Milena Gabanelli. Di solito lo evito come la peste, perché lo considero un arnese furbetto con cui gli autori diffondono una teoria (sociale, politica, economica) mascherandola da verità. Anzi: da Verità, con l'iniziale maiuscola. Non mi soffermo sul tono insopportabile della signora Gabanelli, che tratta i telespettatori come ritardati in attesa di istruzioni.

Ecco, ieri sera il gruppo di giornalisti ha preparato un bel calderone in cui qualunque aspetto della realtà italiana doveva apparire ridicolo, vergognoso, inadeguato e magari pure illegale. E allora giù, a piene mani: questo non si fa, quell'altro lo farebbe meglio anche un criceto, questa cosa grida vendetta, eccetera eccetera. Per carità, in Italia quasi tutto funziona abbastanza male, e lo sappiamo. Però ignoravo, ad esempio, che la Polonia dovesse umiliarci per organizzazione e competitività.
Puntualmente arriva il servizio girato in loco, dal quale apprendiamo che un'impresa straniera può installarsi nella terra degli Jagelloni pagando tasse per l'equivalente di un panino con la mortadella, retribuendo i dipendenti peggio degli schiavi nell'Alabama del 1930, e soprattutto diventando un esempio di efficienza industriale. Insomma, ho avuto l'impressione che i difensori degli oppressi (Gabanelli ha questa nomea) diventassero improvvisamente sostenitori del liberismo più bieco. Non ho sentito dire che in Polonia i sindacati non rompono i coglioni, ma forse mi ero distratto un momento.

Poi arriva il momento di Antonino Zichichi. Voglio essere chiaro: Zichichi è quello che è, e un mio professore di fisica al liceo lo definiva "il Pippo Baudo della fisica". Ma naturalmente il servizio non si soffermava sulle qualità scientifiche del professore, bensì sulla gestione di svariati milioni di euro raccolti per fare ricerca. Ripeto: non so se Zichichi sia un evasore fiscale o abbia commesso illeciti di altra natura. Però mi è dispiaciuto il tono: qualcuno ha liquidato con ironia le ricerche sulle piene di un certo fiume cinese, "che oggi è quasi in secca". E giù sorrisini maliziosi, ma guarda questi scienziati che sprecano i nostri soldi invece di regalarli agli industriali stranieri come in Polonia! Immagino che anche io farei una pessima figura, se un giornalista scrivesse che studio la equazioni con il laplaciano frazionario. Che povero stupido, che spreco di denaro: io le frazioni le ho studiate alle elementari.

Tanto Grillo Giuseppe quanto Gabanelli Milena amplificano una tendenza a mio parere nefasta: la politica deve fare quello che chiede la ggente, non certo avere idee e punti di vista. Se la ggente vuole che un magnate impianti una piantagione di cotone senza pagare le tasse, la politica deve consentirlo ed incoraggiarlo. Se la ggente non capisce il significato di "bosone di Higgs" o di "equazione semilineare ellittica", i politici devono sbarazzarsi di quelli che lo capiscono.

Quando ero giovane e studiavo filosofia al liceo, avevo una professoressa terribilmente snob, che metteva i filosofi un gradino sopra il resto dell'umanità. Probabilmente ho assorbito l'idea che la politica debba essere uno sforzo di miglioramento della razza, una ricerca di nobiltà di pensiero e di vedute. Adesso vedo che erano tutte parole vuote, come l'amore per il prossimo del catechismo.
Io non sono deluso dai politici, che anzi sembrano fare molto bene ciò che vogliono: rincorrere il peggio, nascondendosi dietro la volontà popolare. È un discorso che sono certo di aver già fatto in questa sede, un discorso problematico senza alcun dubbio. Ho quasi quarant'anni, ma continuo a pensare che non si possa essere buoni maestri assecondando la volontà degli alunni; e non si può essere buoni politici, se non si ha il coraggio di ambire al miglioramento del popolo. Dire che i politici dovrebbero essere scelti fra i migliori non è retorica: se devo accontentarmi di un rappresentante dell'idiozia peggiore, tanto vale che mi candidi anch'io alle prossime elezioni.

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