La notizia accademica di questo caldo e dunque bolso mese di luglio è la proclamazione dello sciopero dei docenti e ricercatori universitari nella sessione d'esami autunnale. Trovate
qui la lettera di proclamazione.
Ho parlato di proclamazione, sebbene la procedura preveda il vaglio della commissione di garanzia e sia tuttora in atto. A rigor di logica, lo sciopero potrebbe essere bloccato per mancanza dei requisiti in base alle leggi vigenti. Il rischio, tuttavia, sembra minimo: le modalità dello sciopero sono talmente blande da sembrare innocue e, a maggior ragione, legittime.
La notizia, sempre per la suddetta e cronica abbondanza di pagine vuote nelle edizioni estive dei giornali, è rimbalzata sulle principali testate di informazione. Ometto qualsiasi link, destinato a scomparire come neve al primo sole. Mi permetto invece di scrivere alcune semplici e "ignoranti" considerazioni.
- La categoria dei docenti e ricercatori universitari non è contrattualizzata. Questo significa che non abbiamo una sindacalizzazione efficace, poiché manca quel passaggio di rinnovo del contratto che le altre categorie utilizzano periodicamente per sedersi al tavolo di trattativa con i datori di lavoro. Questa situazione è stata indubbiamente molto vantaggiosa fino a circa dieci anni fa, quando una progressiva frenata degli adeguamenti stipendiali automatici ha nei fatti congelato i salari e cancellato anni di anzianità. L'abitudine a ricevere senza reclamare ci ha resi probabilmente mansueti, e talvolta assurdamente complici.
- Da parte loro, le associazioni studentesche hanno preso la palla al balzo (come raramente fanno con i contenuti delle nostre lezioni) e hanno sfoggiato ampio benaltrismo, condito con qualche curioso ammonimento. I giornali, come ovvio, hanno speso parole di commiserazione per taluni poveri immatricolati che proprio non possono sopportare la perdita (ma sarebbe meglio dire il rinvio di un mese) di un singolo appello d'esame. Magari stiamo parlando degli stessi immatricolati che si presentano cinque volte e cinque volte consegnano un foglio bianco, ma si sa che la fortuna può sempre girare.
Ecco, mi dispiace ricordare che qualunque sciopero tocca gli interessi e le necessità di qualcuno, e questi è molto raramente il datore di lavoro degli scioperanti. Ciò avviene in tutti i settori dei servizi al pubblico: può non piacere, ma sciopero è sinonimo di astensione dal lavoro. Non esistono al momento forme di protesta alternative e indolori, anche perché sarebbero per definizione inutili. Attenzione, non fate come i parolai che a questo punto ribatterebbero che anche gli scioperi sono inutili! Infatti $P \Rightarrow Q$ non significa $P \Leftrightarrow Q$: ho solo scritto che una protesta invisibile è una protesta inutile, ma anche un protesta molto visibile può dare effetti nulli.
- Più in generale, l'università mi sembra intimorita dall'opinione degli studenti. Va bene che il cliente ha sempre ragione, ma forse questa massima funziona in un negozio di elettrodomestici. In un luogo di istruzione, dovrebbe valere il principio secondo cui i discenti imparano dai docenti. Oggi i docenti si trovano coinvolti in discussioni un po' paradossali sui contenuti dei corsi, sulla propedeuticità di un insegnamento, perfino sulle modalità didattiche. Va bene ascoltare le opinioni dei nostri allievi, ma non possiamo né averne paura, né dimenticare che anche gli studenti difendono interessi di parte. Noi, in alcuni casi, siamo l'altra parte.
- Il popolo della strada, quelli cioè che scrivono i commenti sotto le notizie e che hanno frequentato l'immancabile Università della vita (leggasi: sono ignorante come una capra ignorante, ma siccome almeno so scrivere mi diletto a sputare banalità su internet), ha aperto il solito quadernino delle baggianate e ha ricopiato le più trite frasi di insulto e di qualunquismo. D'altronde una persona intelligente che non ha avuto i mezzi per studiare difficilmente prova disprezzo per la cultura e lo studio.
- In tutto questo balletto di parole, fatico a trovare uno dei cardini dello sciopero: quella penalizzazione che corrisponde all'astensione dal lavoro. Se un lavoratore si astiene dal lavoro, le leggi italiane prevedono che per tutta la durata dello sciopero sia sospesa l'erogazione del salario. È bene ricordare che otto ore di sciopero dei treni costa ai macchinisti ben più dei disagi che patiscono i viaggiatori: un'ora di ritardo nel rientro a casa non è confrontabile con la rinuncia a otto ore di stipendio.
Nel nostro caso, leggendo la lettera di proclamazione, l'unica possibilità sembra essere legata alle 24 ore di astensione dalla prima sessione di esami. Ma in 24 ore un docente non fa solo esami, ed è quindi molto complesso determinare in termini monetari l'importo della trattenuta sulla busta paga. Probabilmente non capisco, ma ci sono i presupposti per uno sciopero a costo zero da parte dei lavoratori in agitazione. Attendo smentite e chiarimenti, senza alcun intento polemico.
- Ma aderirò allo sciopero? Ad oggi sono indeciso. Inizialmente ero piuttosto contrario, e non perché mi senta simile al somaro che subisce a capo chino le bastonate. Piuttosto, invece, per le modalità "delicate" scelte. Sarebbe stato meglio, ma forse utopistico, lasciare intatti i servizi essenziali e colpire duramente su quelli non essenziali (almeno nei termini di legge). Temo però che la categoria si sarebbe detta disgustata per la volgarità di uno sciopero alla stregua dei plebei, o forse avrebbe preso ingenuamente le parti dei soliti studenti da tutelare. Come se non fossero in grado di tutelarsi da sé. Ognuno deve recitare la propria parte, senza inutili commistioni.
Inoltre ho la convinzione che nessun governo ripenserà mai ai provvedimenti presi negli ultimi anni, e che in buona sostanza dovremo rassegnarci ad essere rimasti con il cerino in mano. L'unica utilità dell'agitazione è quella di un avvertimento per il futuro. Approfondirò e deciderò.
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