Frédéric Dard è stato descritto come l'erede del grande e prolifico Georges Simenon. Incuriosito da tale accostamento, ho letto questo breve ed intenso romanzo
noir. Pei i più curiosi, voglio anticipare che, sebbene le biografie ne riportino il legame di amicizia, la vicinanza di Dard e Simenon mi lascia perplesso.
Parigi, primi anni Sessanta del secolo scorso. Albert Hervin è da poco uscito di prigione, dove ha scontato una parte della condanna per l'omicidio della fidanzata. È la vigilia di Natale, tutti sembrano essere felici e contagiati dalla voglia di stare in compagnia. Albert è solo, cena ad un tavolo di un ristorante. Accanto a lui, una bellissima donna mangia in compagnia della figlia, ancora bambina. Hervin ne è ammaliato, qualcosa nella donna gli ricorda la povera fidanzata. Ha deciso: deve conoscerla, perché già la ama.
Il piano del protagonista sembra funzionare, giacché la giovane donna gli permette di prenderle la mano, e in poco tempo si trovano seduti vicini in un cinema. La piccola si addormenta, e Albert è felice di accompagnarla, in braccio, fino all'appartamento dove le due donne vivono. Un montacarichi, immerso nell'oscurità a causa di una lampadina bruciata, conduce il terzetto nella casa dove un delitto sta per travolgere - ancora - la vita di Hervin.
La trama, a questo punto, cambia registro: dopo una prima parte effettivamente simenoniana, drammatica per l'intensità dei sentimenti che avvolgono i personaggi in scena, ora prende il sopravvento la componente
crime, che a me ha ricordato forse Cornell Woolrich. Il commissario Maigret è un'altra cosa, ben lontano dalle sfumature cupe di Dard. Senza togliere a chi mi legge il gusto di scoprire l'intrigo nelle parole dello scrittore, bisogna pur osservare che la soluzione dell'enigma rientra nei canoni classici del giallo inglese. Nulla è come appare, nemmeno per chi crede di aver capito ogni cosa.
Ho letto qualche recensione negativa a questo lungo racconto, e quasi sempre la motivazione è che l'ingranaggio del crimine è poco credibile. A mio parere, siamo oggi troppo abituati alla letteratura pseudo-televisiva, nella quale la tecnologia svela tutti i misteri e risponde a tutte le domande. Dard scrive in un'epoca in cui la polizia cercava di risolvere i casi con il fiuto degli investigatori, e in tale contesto penso che l'idea di Dard non sia affatto irrealistica.
Ecco,
Il montacarichi non è un capolavoro, così come non ho mai voluto definire tali i romanzi con Maigret. Personalmente mi è dispiaciuto abbandonare le pagine dense e coinvolgenti della prima metà del libro, che meritano da sole la lettura intera.
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