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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Il passo del vento

Ed ecco qui, puntuale come l'autunno, il nuovo libro di Mauro Corona. Questa volta scritto a due mani (non quattro: avete mai visto uno scrittore che scrive con entrambe le mani?) con Matteo Righetto. Il passo del vento è un curioso ed utile dizionario dei principali vocaboli di montagna, ovviamente selezionati dall'esperienza dei due scrittori.

Di Mauro Corona sappiamo - credo - tutto: alpinista, scrittore, scultore del legno, opinionista televisivo, amante del vino ed ex-amante del tabacco. Matteo Righetto è una voce molto interessante della letteratura (non solo) di montagna più recente, pur essendo un "cittadino" per nascita. Consiglio a tutti di leggere La pelle dell'orso, dal quale è stato tratto un bel film.

Che dire del libro? Sarò di parte, ma tra i paragrafi scritti da Corona e quelli scritti da Righetto si scava un fossato. Talvolta alquanto profondo. Il primo sa raggiungere, con poche parole scolpite, il cuore del lettore: memorie, aneddoti, animali e persone formano un carosello di immagini che rimane vivido nella memoria. Il secondo, purtroppo, compila una lista di sentenze piuttosto moralistiche e fredde. Anzi, spesso abbastanza scontate e trite. Perfino le "voci" più intime diventano resoconti letterari senza grande com-passione. Un vero peccato.

Una delle voci più delicate e commoventi è quella dedicata al piccolo cane di Mauro Corona, che per diciassette anni ha tenuto compagnia alla famiglia dell'alpinista. Ma è anche l'occasione per riconoscere la purezza dell'amore di un animale, che sa dimenticare l'insulto e l'umiliante pedata. L'uomo, dall'alto della sua inteligenza, dovrebbe contenere gli istinti bassi e violenti. Quando non lo fa, è l'animale ad insegnargli come si comunica affetto senza condizione. Una lezione che Corona dice di aver imparato, ed anche noi lettori.

Un libro con esiti altalenanti, che non resterà fra i migliori dei due montanari-scrittori.

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