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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Il Mediterraneo in barca

La scorsa estate, Adelphi ha mandato in libreria il primo estratto dei reportage giornalistici di Georges Simenon. Il lettore italiano scopre così un ulteriore aspetto della complessa vicenda letteraria dello scrittore di Liegi, soprattutto famoso per il ciclo di Maigret.

Librettino dall'apparenza innocuo, basta invece leggerlo fino alla fine per scoprirne la devastante portata per la storia del costume. Leggiamo, talvolta increduli, resoconti farciti di termini che oggi farebbero impallidire anche i più reazionari. Era un'altra epoca, "arabo" e "negro" non erano vocaboli proibiti, chissà se per cattiveria o per coerenza.

Tra le pagine discorsive sulle lunghe traversate dei mari che circondano l'Europa meridionale, troviamo qualche descrizione illuminante per capire meglio il tempo presente. La teoria di Simenon sulla cosiddetta italianità è solo apparentemente qualunquista: gli italiani sono poveri, vivono di espedienti, ma sono felici di essere fatti così.

Un giudizio tagliente, ispirato ad una conoscenza limitata ai frequentatori dei porti di alcune città della Penisola. Ma, nella mente dell'autore, non privo di ammirazione: i popoli del Nord Europa disprezzano gli italiani (e gli arabi, ecc.) perché costoro non cercano la ricchezza materiale come fine ultimo, eppure non capiscono di essere più infelici di loro. Dannarsi l'anima per guadagnare soldi conduce alla tristezza, mentre i popoli mediterranei sono "poveri ma belli".

Non stupisce che qualcuno, con tanta malizia, abbia recentemente tacciato Simenon di razzismo. Con gli occhi del terzo millennio, queste catalogazioni sommarie sono indubbiamente insultanti e generiche. Ma quasi cento anni fa non era così. Non possiamo censurare un articolo di giornale che non può più essere modificato; possiamo però collocarlo negli usi e nei costumi dell'epoca in cui è stato scritto, per capire magari da dove provengano certi pregiudizi odierni.

Ben venga questa operazione di riscoperta, dunque. Non mi piace, invece, la scelta molto commerciale di scomporre il volume francese che raccoglie l'opera di inviato di Simenon in tanti, piccoli, volumetti. Se leggete il francese, cercate l'edizione originale.

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