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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

La matematica rende nervosi

Dopo due giorni di spremitura di meningi, sono arrivato alla conclusione che non sono proprio stupido, se mi impegno. Il fatto è, però, che fare matematica mi rende particolarmente irritabile.

Non so se sia normale, ma per me è sempre stato così: quando lavoro ad un problema, che sia qualcosa attinente alla ricerca o un semplice esercizio difficile trovato su un libro, i miei nervi si tendono allo spasimo. Quando ero studente, ho trattato molto male mia mamma, che non si rendeva conto di rompere (!) la mia concentrazione con qualche domanda di vita quotidiana ("Ma lo sai che quella tua compagna di classe ha avuto un bambino?", "La patate le preferisci in padella o stufate?", ecc.) Sembrava che io stessi leggendo un libro e facendo disegni annoiati sul foglio, e invece ero pronto a uccidere pur di trovare la soluzione del mio dilemma. Ok, non avrei letteralmente ucciso, è solo un modo di dire.

Con gli estranei, meno propensi a sopportare una reazione apparentemente inspiegabile, cerco di trattenermi, ma la tentazione di esplodere è forte.  E pazienza, commenterete voi, basta allenarsi e contare fino a dieci.
Già, ma non è sempre così facile. Più di una volta ho attraversato periodi di auto-censura professionale per non guastarmi l'umore; ad esempio, prima di partire per le vacanze mi imponevo di non fare matematica "difficile", perché non avrei sopportato di sprecare i giorni di ferie con la mente satura di calcoli. Addirittura rifuggivo la matematica se dovevo giocare a basket dopo cena, perché mi avrebbe tolto la concentrazione sulla partita. Lo so che per molti sono fisime, ma ho anche conosciuto una persona laureata in matematica, piuttosto dotata, che ha cambiato mestiere per scappare dai fantasmi che turbano i matematici, cioè i problemi complicati. Mi raccontava questa persona che non riusciva più ad alternare giornate di noia a giornate di concentrazione furiosa, che sottraeva ore alla vita sociale e perfino al riposo notturno. Questa persona ha scelto una professione regolare, di quelle con il cartellino e il weekend libero da impegni; mi è capitato di provare invidia, ma non ho mai ceduto.

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