Camille Verhoeven, commissario della Squadra Omicidi di Parigi, quarantenne, nano. Con uno stratagemma non particolarmente originale (l'uso della disabilità è molto diffuso tra gli autori di letteratura thriller) Pierre Lemaitre produce il primo capitolo di una trilogia poliziesca molto cupa. In questa prima avventura, il commissario Verhoeven è alle prese con un maniaco che sevizia e uccide donne imitando i più celebri assassini letterari. Coadiuvato (ma anche ostacolato, come il lettore potrà scoprire) dalla sua squadra, Camille si lancia in una caccia all'uomo disperata. Se vi state chiedendo chi sia quell'Irène che dà il titolo al romanzo, sappiate che si tratta della compagna del commissario. Introdotta al lettore come un personaggio di contorno, assume nel corso dei capitoli un ruolo decisivo e tragico.
Scritto nel 2010 ma tradotto in Italia solo quest'anno sull'onda del premiato
Ci rivediamo lassù,
Irène è per ammissione dell'autore un omaggio ai maestri della cosiddetta
crime fiction. La tecnica del romanzo-nel-romanzo è spesso intrigante, ma per definizione sottrae originalità alla trama. Pur essendo una lettura coinvolgente e scorrevole, l'impressione complessiva è quella di un déja-vu banale, quasi la sceneggiatura per un altro film dove è sempre notte e piove a dirotto. Il finale è in linea con il cliché del polar francese: non arrivano i buoni a salvare le vittime, non c'è giustizia per i puri di cuore.
Al termine del romanzo c'è una postfazione dell'autore che mi ha fatto riflettere. Senza svelare troppi particolari, dovete sapere che le pagine conclusive trasudano letteralmente violenza raccapricciante. Come uno di voi lettori sa, ne sono rimasto turbato. Ebbene, Lemaitre scrive chiaramente nella postfazione che non v'è ragione per cui un romanzo
noir debba risparmiare i dettagli più mostruosi, dal momento che l'unico fine del
noir è proprio quello di raccontare la devianza e il crimine.
Mi ritengo un lettore e uno spettatore molto "americano", e apprezzo le storie che consolano. Il poliziotto, nella mia trama ideale, deve salvare gli innocenti: la realtà è già sufficientemente ricca di orrori e ingiustizie, che almeno la letteratura ci illuda e ci dia sollievo!
Ma è chiaro che ognuno ha i suoi gusti. Sono ancora indeciso se proseguire con i successivi romanzi, ma ho una certa tentazione di farlo. Giudizio: per stomaci forti, tenendo presente che è pur sempre
fiction.
Sembra bello! Passa per un saluto! =)
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