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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

L'orsacchiotto

Uno dei romans durs più ricercati dagli estimatori di Simenon sul mercato dell'antiquariato, L'orsacchiotto si colloca a mio parere tra i capolavori del grande scrittore belga. La traduzione di Luisa Scandolo per Mondadori risale ormai al 1967, ma conserva una freschezza che in altre prime edizioni dell'autore si è invece persa.

Il protagonista è il professor Chabot, illustre medico ginecologo di Parigi e primario di una clinica privata fra le più esclusive. Docente universitario, sposato con una donna che ricopre il ruolo di moglie soprattutto per questioni di opportunità sociale, vive in simbiosi con la segretaria Viviane. Ha tre figli, una dei quali conduce una vita ribelle (almeno per l'epoca) e desidera diventare una stella del cinema. Le giornate di Chabot trascorrono uguali fra appuntamenti e puerpere in attesa di partorire.

Lo schema è quello più classico di Simenon: una routine interrotta da un evento che fa precipitare la situazione come una valanga inarrestabile. In questo caso, tutto ha origine in una relazione clandestina tra Chabot e una giovane infermiera alsaziana, che decide di chiamare "orsacchiotto". Il luminare non è nuovo a scappatelle con donne giovani, ma questa volta commette un errore: la ragazza resta incinta, si aspetta qualcosa di più. Viviane interviene, probabilmente per gelosia, e fa allontanare la giovane dalla clinica. L'orsacchiotto finisce per gettarsi nel fiume, nell'indifferenza di tutti.

Chabot alimenta morbosamente il senso di colpa, si procura una pistola che porta sempre in tasca, simulando davanti allo specchio il gesto supremo. Ma non lo compie, si sente schiacciato dal dovere di aiutare le sue pazienti e la sua famiglia. È sempre stato così: lui deve essere la persona forte, che risolve i problem altrui e non si cura dei propri. Ma un pomeriggio, durante un parto di assoluta normalità, la mente del professore vacilla: non ricorda più, per qualche attimo, le procedure mediche, impallidisce, si blocca. Nessuna conseguenza grave, ma qualcosa si è rotto definitivamente.

Comincia un vagabondaggio fisico e psicologico verso la distruzione, mentre tutti sembrano prendersi gioco di lui. Il finale è sorprendente, ben diverso da quello lasciato intuire da Simenon.

Un romanzo appassionante, decisamente morboso come nella tradizione dell'autore, scritto in età matura a Noland. Se posso permettermi un commento critico, forse la conclusione è anche troppo a sorpresa. A volte una trama dovrebbe solo diventare ciò che ha promesso di essere.

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