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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Una lunga domenica di passioni


Una delle mie fissazioni letterarie è quella dei romanzi ambientati negli anni della Grande Guerra. Ne ho già parlato nel mio blog, non vi annoierò oltre. Questo di Sébastien Japrisot è ormai un classico moderno, trasposto per il cinema una ventina di anni fa, e l'ho riscoperto in cima ai miei scaffali durante queste settimane di rinuncia ai viaggi e agli spostamenti. Ho una copia della Rizzoli, usata e reperita nella nota catena Lib*cio. La copertina dell'edizione Folio è infiitamente più romantica e suggestiva, penso.

Il libro racconta, nello stile altalenante e un po' paternalistico di Japrisot, la sete di verità della giovane Mathilde, che ha perso il suo fidanzato sul fronte della Somme nel 1916. Le notizie ufficiali dicono che Manech, il suo promesso sposo, è stato condannato a morte per essersi inflitto una ferita durante una battaglia senza fine. La morte non sarebbe stata comminata per fucilazione, bensì per abbandono all'esterno della trincea francese insiene ad altri quattro traditori della causa.

Ma è la verità? Perché circolano voci sul fatto che almeno uno dei cinque soldati sarebbe sopravvissuto, forse sotto falso nome? Mathilde, inferma dall'età di tre anni per una caduta dalla scala, comincia a riannodare i fili di una domenica infinita, sotto la neve e sotto le bombe tedesche. Rintraccia i parenti dei commilitoni del suo Manech, le vedove, gli amici. Scrive lettere ai giornali, ingaggia un investigatore privato che gira la Francia per trovare le risposte.

Con quella malinconia che solo i francesi sanno produrre, Japrisot ci prende per mano e ci fa attraversare quarant'anni di vita di una donna che non si rassegna al fatto che, come dicono tutti nel libro, "così va il mondo." Un libro splendido, direi non lineare nello svelarsi della ricostruzione.

Gli editori italiani non hanno dato il giusto spazio ad un autore che resta, in Francia, tra i più importanti.

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