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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

... è Natale ancor




Ventidue dicembre, saluto gli studenti (che mi offrono una fetta di salame di cioccolato) e torno in dipartimento. Anche quest'anno è Natale.
Un Natale inconsueto, con un clima che ricorda più la Pasqua. Fra poco tornerò a casa per le vacanze, i miei corsi si avviano alla conclusione e il secondo semestre sarà più tranquillo.

In queste sere, quando mi infilo il pigiama e mi appresto a dormire, talvolta mi domando che cosa sia per me il Natale. La prima immagine che appare davanti all'occhio della mia mente è la sala da pranzo della casa dove sono cresciuto.
Avevamo solo due stanze, io dormivo in un divano-letto in soggiorno. L'immagine che ricordo non è quella di un pranzo con i parenti: è quella della mia camera-soggiorno la notte di Natale. Ero piccolo, nessun vescovo mi aveva spiegato che i regali li portano mamma e papà (questa la capite solo se siete di Como, quindi rimando alla nota a pié di pagina), così cercavo di svegliarmi più volte per controllare l'arrivo di Gesù Bambino.
Ricordo che una volta ho aperto gli occhi e tutto era come sempre. Dopo essere stato vinto dal sonno, li ho riaperti e, laggiù dietro al tavolo e alle sedie, c'erano i pacchetti con i miei regali!

In effetti questa immagine era per me abbastanza inconsueta: la mia famiglia passava i giorni delle Feste a Cunardo, dove mio nonno aveva la casa paterna che ci lasciava utilizzare per le vacanze. Non so perché quell'anno siamo rimasti a Cantù, ma ricordo benissimo la sequenza dei ricordi che vi ho descritto. O almeno credo, perché si sa che i nostri ricordi sono sempre filtrati dal cervello; ma che importa?

Poi sono cresciuto, dai regali depositati in punta di piedi dai miei genitori sono passato ai regali acquistati senza misteri in un negozio. Fino a vent'anni circa ho fatto l'albero, a casa del nonno. Un albero artificiale e polveroso, ricoperto sempre dagli stessi addobbi scheggiati e strapazzati. Mio nonno si è ammalato, e l'albero è finito in un sacco nero in soffitta. O forse in discarica, chissà. Sono cresciuto e anche un po' invecchiato senza alberi né statuine.

Quest'anno è diverso: con F. abbiamo fatto un meraviglioso albero a casa sua, lo abbiamo abbellito con le palline dorate e le luci intermittenti. Qualcuno dei suoi gatti ha apprezzato la novità, ma in fondo hanno diritto anche i felini ad avere un regalo! A casa mia c'è un piccolo presepe intagliato nel legno, che abbiamo acquistato insieme.
Prima o poi (spero più prima che poi) avremo un albero e un presepe, nella casetta in Canadà (con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà) che desideriamo: le porte di legno bianco, due biciclette nell'ingresso, i mobili di legno chiaro, e uno studiolo per pensare. Vero F.?

Ecco, sento di essermi finalmente riconciliato con lo spirito del Natale. Che è poi uno spirito di speranza, di tranquillità, di famiglia. Un albero, un gatto che ne annusa pericolosamente il basamento, le statuine di gesso non sono il Natale; però ne rappresentano in modo tangibile il senso, almeno per me.

Allora, come usa dire, se non ci vediamo prima... Buon Natale!

Nota per il lettore: qualche anno fa, il vescovo di Como Monsignor Maggiolini si è fatto pubblicità dicendo ai bambini che erano alla messa di Natale in cattedrale che i regali li comperano i genitori. I quotidiani raccontano di pianti e disperazione fra i banchi, mentre i genitori non sapevano che fare per calmare i pargoli disillusi. Di quel vescovo rimane una targa in un piccolo piazzale accanto alla ferrovia, che i comaschi utilizzano oggi per parcheggiare l'auto quando vanno in centro. Invece, come tutti sappiamo, i bambini comaschi continuano a credere a Gesù Bambino e magari a Babbo Natale. Sic transit gloria mundi.

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