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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Il passato

Quando vado per convegni, mi capita di rivedere persone che anni fa erano parte della mia vita quotidiana. Inevitabilmente osservo che apparteniamo tutti al passato.
In qualunque momento della nostra esistenza, anche adesso, siamo inseriti in un contesto di persone e situazioni destinate a mutare, senza scampo. In questa banale osservazione non c'è il pessimismo leopardiano, giacché il mutamento può essere senza dubbio miglioramento.

L'aspetto più curioso ed inquietante di queste riflessioni è che nel presente non riusciamo a cogliere l'instabilità dell'attimo che fugge; quante volte ho pensato di aver raggiunto un equilibrio destinato a durare per sempre, ed invece il cambiamento è stato lento ma inarrestabile.
L'amica con cui sono andato al cinema per anni vive lontano e ci scambiamo solo qualche email; i compagni di classe che sembravano amici per tutta la vita hanno seguito le rispettive strade; la ragazza con avrei voluto trascorrere il futuro ha mantenuto la promessa, ma con qualcun altro.
Va beh, questa era una battuta amara.

Qualche volta, sinceramente, siamo noi gli artefici del rovesciamento degli equilibri. La realtà contingente ci illude di poter costruire il futuro su solide basi, ma ci basta un breve intervallo di tempo per capire che questi progetti non erano sinceri. Piuttosto, devo osservare che l'eccessiva stabilità implica la noia e l'abbandono all'indolenza. Dovremmo osare di più e temere meno di perdere la (ingannevole) calma della routine.

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