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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Il passato anteriore

Chi mi legge sa che vado soggetto ad infatuazioni per il bel tempo che fu. Questa mattina ho visitato la pagina twitter del candidato sindaco per il Partito Democratico di Cantù; forse per apparire "ggiovane", promette la digitalizzazione dei servizi al cittadino, ovviamente con software open source.

Che c'è di sbagliato? Forse niente, forse tutto. Devo confessare che, in materia economica, sono piuttosto conservatore: credo ancora, povero illuso, che l'economia giri grazie al lavoro dei cittadini. Io capisco che fare un bonifico online sia più veloce che allo sportello della banca, ma sarebbe tragico dimenticare le ricadute sull'occupazione. Quando si favoleggia di sostituire il lavoro umano con il lavoro delle macchine, si dimentica che le macchine non tengono famiglia. Storicamente, l'impiego delle macchine è stato teorizzato da due scuole di pensiero. La prima, progressista, sottintendeva che le macchine avrebbero svolto i lavori pericolosi e pesanti, al fine di migliorare la qualità del lavoro umano. La seconda, liberista, sottintendeva che i datori di lavoro si sarebbero liberati dei doveri verso gli operai, rimpiazzandoli con macchine senza diritti sindacali. Se il mezzo era comune, il fine era ben diverso.

Tutto questo era ed è comprensibile nel settore industriale, ma ormai la tecnologia è sbarcata anche nel settore dei servizi. Francamente non so quanto un centralino automatico o un sito web abbiano migliorato la qualità dei servizi offerti al pubblico. Sarò paranoico, ma la virtualizzazione dei servizi mi sembra orientata ad alzare un muro fra chi eroga i servizi e chi ne usufruisce. E contemporaneamente servono meno lavoratori, cioè aumenta la disoccupazione nel settore.

Dopo trent'anni di collezione delle storie di Walt Disney, questa faccenda mi ricorda le tipiche avventure tecnologiche di Zio Paperone: Archimede Pitagorico inventa un apparecchio fantastico, Paperone lo commercializza su larga scala, e tutto va bene. Puntualmente, dopo un po' di tempo, gli abitanti di Paperopoli si accorgono che l'apparecchio fa più danni che benefici, sovvertendo l'ordine naturale delle loro esistenze. La storia si conclude con la distruzione degli apparecchi e il ritorno alle care, vecchie abitudini.

E se dovessimo anche noi tornare indietro, al tempo in cui le macchine aiutavano gli uomini al lavoro, senza sostituirli?

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