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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Il ministro con il tweet facile


Da qualche tempo, il ministro Maria Chiara Carrozza sembra essersi particolarmente appassionata all'uso di Twitter. Io, essendo un po' antico, continuo a pensare che 140 caratteri non siano la misura migliore per esprimere un pensiero politico, ma ormai il mondo va così. Però questa mattina ho letto due cinguettii che mi hanno fatto sobbalzare. Ecco il primo:
Uno dei temi più interessanti perché se ne sentono tante e' quello dei dottorandi senza borsa, che alcuni vorrebbero eliminare.
Continuando a sfogliare la timeline del ministro, ho dedotto che ella considera i dottorandi senza borsa come una risorsa preziosa per la ricerca. Certo, in astratto chiunque faccia ricerca può essere una risorsa preziosa, ci mancherebbe; ma davvero la convinzione del ministro della ricerca scientifica (fra le altre cose) è che le università debbano incoraggiare il lavoro intellettuale senza retribuzione? È davvero questo il messaggio che vogliamo dare ai nostri laureati? Vi permettiamo di fare ricerca, non vorrete anche ricevere un adeguato stipendio, razza di smidollati?
Secondo cinguettio:
. @alef_il_folle @sulromanzo sono d'accordo una parte importante della formazione e' la formazione a scrivere proposte per finanziamenti
Si tratta di una risposta ad un commento che non riporto, anche perché mi sembra che bastino queste parole per entrare nell'argomento. Il ministro, tutto preso dall'euforia del modello americano, ci spiega che dovremmo imparare a scrivere proposte di finanziamento. Ora, può anche starci, sebbene in Italia le proposte di finanziamento assomiglino sempre più a vere suppliche sull'uscio della chiesa. Peccato che ormai la maggior parte dei professori americani si lamenti dell'immane spreco di tempo che il sistema richiede agli scienziati per ottenere qualunque finanziamento, grande o piccolo. Illustri ricercatori passano le giornate (o le nottate, visto che prima o poi devono pure fare il loro vero mestiere) a redigere progetti di ricerca da inoltrare al governo o a qualche ente privato. Moduli da riempire, spesso talmente assurdi in quanto concepiti da presunti esperti che di scienza conoscono a fatica lo spelling. 
Qualunque scienziato (ad eccezioni di quelli che si occupano prevalentemente delle applicazioni tecnologiche) sa bene che la scienza non procede come il lavoro di un falegname. Non ha senso commissionare ad uno scienziato "puro" un risultato da ottenere entro un anno, perché non è come fare un armadio a quattro ante. Molte discipline, fra le quali la matematica, procedono secondo percorsi quasi imprevedibili: mi metto a studiare un problema, ci passo sei mesi, e mi rendo conto che il vero interesse è in un aspetto che non avevo affatto considerato. Allora cambio direzione, e mi allontano (almeno apparentemente) dal progetto iniziale. Qualche volta la deviazione si ricongiunge alla strada da cui ero partito, ma altre volte no. Che succede, qualcuno mi punisce perché ho trovato risultati diversi da quelli per cui mi avevano finanziato?
Ecco, se avete risposto affermativamente alla domanda precedente, siete perfetti per un posto da burocrate italiano: da cinquant'anni i governanti italiani ci stanno facendo credere che l'unica ricerca degna di essere finanziata è quella che produce cose, oggetti tangibili prodotti in tempi brevi. Non a caso, le istituzioni più benestanti sono i politecnici, che sfornano ingegneri ritenuti capaci di fare qualunque cosa. Basterebbe guardarsi attorno per notare che altrove, e segnatamente nelle nazioni che ci superano ampiamente nella qualità dell'istruzione e della ricerca, c'è sempre molto interesse (e dunque ci sono cospicui investimenti) per la discipline di base. 
Ovviamente non è possibili né giusto formulare un giudizio su un politico dopo due frasi informali. Eppure si perpetua la sensazione spiacevole che nulla possa mai cambiare: l'attrazione delle antiche consuetudini è talmente forte da risucchiare anche le persone che vengono (apparentemente?) dall'esterno. Come dice l'uomo della strada, "quando arrivi al ministero, devi fare quello che altri ti concedono di fare". Una frase certamente qualunquista, ma occorre dire che assai raramente si sono visti governanti liberi di cambiare significativamente la rotta già impostata dai loro predecessori.

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