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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

La beatitudine del recensore

Ormai per abitudine acquisto il manifesto di domenica, per l'inserto culturale. Quasi tutti i quotidiani possiedono un supplemento dedicato ai libri, ma confesso che solo quello dell'ultimo foglio che si dichiara comunista riesce a darmi quella particolare sensazione. Quale?

Ovviamente non la butto in politica, anche perché le recensioni dell'inserto Alias non sono propagandistiche. La particolare sensazione è quella di invidia per il recensore. A differenza di altre testate, Alias dedica spazio anche e soprattutto a libri di nicchia, pubblicati da editori emergenti: insomma, non solo le sfumature di tutti i colori dell'arcobaleno e altre amenità simili.
E poi c'è il linguaggio: colto, ricercato, più adatto ad un corso universitario che ad un giornale. Così finisce che immagino quei recensori alle prese con una raccolta epistolare di un artista del secolo scorso, oppure con un trattato sulla coltivazione delle orchidee. Li vedo immersi nella beatitudine della lettura, dietro una finestra che affaccia sulle colline o sul mare. I loro pensieri rincorrono argomenti di pace e di cultura, lontani dagli affanni della cronaca e protetti dalla coperta del passato. Perché si sa, il passato affascina anche perché non può riservarci spiaevoli sorprese.

Tuttavia, chiusa l'ultima pagina dell'inserto culturale, sono preso dal dubbio: è davvero così? So per certo che la risposta non può che essere negativa, chi scrive sul quotidiano è un lavoratore che lotta contro la quotidianità come tutti noi. Forse più di noi. Queste persone ridono, piangono, sono felici o disperate esattamente come tutti gli altri. Raramente c'è una casa colonica affacciata sulle colline della Toscana, dove i grilli cantano e le spighe di grano si piegano nel vento. Hanno scritto le loro recensioni ad una scrivania di plastica, chiusi in un palazzo della periferia di qualche grande città, mentre una persona cara stava male o arrivava la cartella delle tasse da pagare.

Comunque sognare costa così poco che tanto vale abbandonarsi. Quando ero giovane sognavo un futuro da critico letterario, circondato dai libri di una biblioteca sterminata ed esaustiva, dove tutto il sapere fosse racchiuso. È andata diversamente, e sono contento così, però quella sensazione di tenerezza che provo sfogliando gli inserti culturali è tanto bella...


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