Pochi giorni fa mi sono comportato male. Non ho commesso alcun reato, ma ho grandemente peccato di un peccato che affligge i lettori accaniti: confondere l'ingegno con il frutto dell'ingegno. Mi spiego meglio.
Consultavo, un po' superficialmente, un noto social network; scorrendo il dito sul mio cellulare, ho letto una battuta ripresa da una pagina di satira. L'autore era un noto (almeno a me) sceneggiatore di fumetti, e anzi di quell'unico fumetto che colleziono alla mia non più verde età. La battuta, a mio giudizio, era rivolta contro il sindaco di una grande città italiana, con un'elegante insinuazione sulle capacità manageriali (e forse intellettuali) del suddetto. Una freddura mai volgare nella forma, ma alquanto ingenerosa nella sostanza.
Avrei dovuto evitarlo, ma ho lasciato un mio commento: provavo delusione, perché uno degli autori del mio fumetto preferito si accodava alle solite frasette da bar che sfottono questo o quel politico. Il mio fumetto, dal quale ho imparato il rispetto per l'educazione, per il lavoro degli altri, e infine anche per l'autorità. Beh, tutto si può dire tranne che quell'animale dalle grandi orecchie sia anarchico...
Dopo pochi minuti, l'autore ribatteva che anche lui è spesso deluso dai lettori dei suoi fumetti. Me la sono cercata, e me la sono presa.
Che cosa ho fatto? Semplice: ho identificato la persona con il prodotto del suo lavoro. Quasi tutti i lettori lo fanno, e gli scrittori detestano questo meccanismo un po' morboso. Lo ripetono, lo gridano: non non siamo ciò che scriviamo. Eppure, noi lettori ci ostiniamo a pensarlo.
In fondo, possibile che uno sceneggiatore del solito settimanale a fumetti non sia un amabile signore che vive in una villetta con giardino, circondato da nipotini deliziosi e parenti affettuosi? Possibile che non si batta, anche nella vita reale, contro la stupidità, la volgarità, il disordine sociale? Possibile che scriva battute di spirito contro i rappresentanti della nostra democrazia?
Certo: possibile! D'altronde, chi legge i romanzi del commissario Maigret potrebbe pensare che l'autore, Georges Simenon, sia stato un borghese tranquillo, con una mogliettina intelligente e devota, privo di interesse per ogni svago serale. Quanto siamo distanti dalla realtà!
Questo meccanismo mentale si ripresenta nei confronti degli attori e dei personaggi televisivi: ricordiamo quanto siamo stati sorpresi dalla notizia che quel noto attore tedesco di telefilm polizieschi avesse un passato nelle famigerate SS? Ma chi, quel difensore della giustizia, sempre umano e comprensivo? No, non lui: l'uomo che recitava quella parte.
I social network hanno troppo umanizzato gli scrittori e gli attori. Li hanno restituiti alla loro uma quotidianità, che può essere fatta anche di piccole miserie. Solo vent'anni fa, avevamo informazioni rare (e spesso propagandistiche) sulla vita dei nostri scrittori e attori preferiti. Per le persone un po' più anziane, è ancora così: leggono i libri e guardano i film, al riparo dalla delusione di uno sguardo impietoso sulla persona che dà vita al personaggio.
Non ho mai fatto la fila per ascoltare le presentazioni editoriali di un autore, nemmeno dei miei preferiti. Forse sono
snob, ma quasi sempre il risultato si è rivelato inferiore alle mie aspettative. Dice: il segreto è non avere aspettative. Rispondo io: oppure accontentarsi di ammirare l'opera artistica, lasciando l'artista dietro le quinte.
Commenti
Posta un commento