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La gamba secca
Tanti anni fa, praticamente ogni volta che in tavola appariva un grappolo d'uva, mio nonno esclamava (cerco di trascrivere il dialetto, perdonate eventuali errori fonetici)
O Signur, vardée che üga! La gà giamò la gamba seca! Par forza, la catén zerba!
(Traduzione: O Signore, guardate che uva! Ha già il gambo secco! Per forza, la raccolgono acerba!)
Forse non tutti avranno afferrato il senso della lamentela di mio nonno. Da buon giardiniere ed ex commerciante di alimentari, deplorava l'abitudine di vendere la frutta maturata sui camion e nei mercati generali. In pratica, era un sostenitore ante-litteram della filosofia del Chilometro Zero. Un discorso molto sensato, ma purtroppo irreversibile: la frutta che acquistiamo nei reparti dei supermercati è stata palesemente raccolta molti giorni prima della maturazione, ed è conservata a temperature da congelatore. Il risultato è che i frutti che portiamo a casa marciscono dopo poche ore, anche a causa dei forti sbalzi di temperatura cui sono sottoposti.
Certo,
Züca e melùn, la sua stagiùn
recita un altro proverbio delle mie parti (traduzione: zucca e melone, la sua stagione). Se pretendiamo di mangiare i lamponi in pieno inverno, dobbiamo importarli dall'altro emisfero, e questo richiede molte ore di viaggio durante le quali i lamponi passano dallo stato di frutta acerba a quello di frutta matura. Ma siamo davvero convinti che sia preferibile spendere fior di soldi per acquistare albicocche incartapecorite e uva con la gamba secca, invece di mangiare la frutta nostrana a tempo debito?
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