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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

Sophomore

Come si apprende velocemente da Wikipedia, il termine sophomore è usato negli Stati Uniti per riferirsi agli studenti (universitari, nella fattispecie) del secondo anno. Gli studenti del primo anno sono chiamati rookies, cioè matricole.

Embè? direte voi: che ci importa? Il fatto è che questa mattina stavo sfogliando un libro di calcolo differenziale che mi piacerebbe adottare per il mio corso a biotecnologie, e mi sono imbattuto in un esercizio:

Esercizio. Supponiamo che $f \colon [a,b] \to \mathbb{R}$ sia una funzione continua e convessa. Dimostrare che, se $f(a)f(b)<0$, allora $f$ possiede uno ed un solo zero.

Ci ho pensato qualche minuto, e ovviamente la soluzione è molto banale per un matematico. Ma lo è anche per uno studente? Ho pensato di chiederlo su uno dei siti più stimolanti che conosco, http://math.stackexchange.com, ed ecco le risposte. Come potete leggere da soli, ho (volutamente) commesso un errore di conversione: ho paragonato i sophomore students alle matricole italiane. L'ho commesso perché ero certo che il livello di una matricola italiana fosse più alto di quello di una matricola americana, e i commenti me l'hanno confermato.

Innanzitutto, sembra scontato che un aspirante biologo o biotecnologo sia geneticamente incapace di dominare il concetto di dimostrazione astratta. Negli USA, per quanto ne so, solo i futuri laureati in matematica studiano la matematica astratta; gli altri fanno calcoli come automi, e tutto deve essere numerico. Secondo me, è una iattura che si diffonderà anche in Europa. Già adesso, quando interrogo i miei studenti sulla definizione di derivata, una buona parte mi calcola la derivata di una funzione numerica come $f(x)=x^2$, dimostrando di non aver raggiunto lo stadio dell'astrazione. Se fossi in America, temo che mi obbligherebbero a insegnare solo le regole di calcolo, perché "tanto la teoria non serve, ad un biotecnologo."

Ecco, questo è un ragionamento che mi spaventa: un establishment accademico pretende di dividere gli studenti in due gruppi: quelli che meritano di imparare la matematica vera, e quelli che meritano solo di saper contare con le dita ed usare la calcolatrice. Come dicevo, sono spaventato da questo approccio pragmatico fino ad un razzismo larvato: sembra che i detentori del sapere decidano su base "etnica" quali giovani dovranno apprendere e quali no. Il passo successivo è il ritorno a quello che io chiamo, con una terminologia agghiacciante ma provocatoria, la decimazione preventiva.

Con queste parole mi riferisco ad una pratica in voga fino a venti anni fa, all'incirca. In terza media, i professori convocavano le mamme degli studenti e spiegavano loro quali scuole superiori i figli potessero affrontare: Luigino può fare il liceo, Luisella al massimo ragioneria, e di Marcolino non parliamo neppure: meglio se si cerca un lavoro manuale. Mancava solo il cappello con le orecchie d'asino, e il quadro sarebbe stato completo.

Non so, francamente, se sono un buon insegnante; so per certo che a qualcuno piaccio e ad altri no. Ma mi sforzo sempre di non sottostimare le potenzialità di uno studente, sia un aspirante matematico, oppure un aspirante biotecnologo. Se ha la testa per imparare i fondamenti della biologia molecolare e della chimica organica, perché dovrebbe essere incapace di concepire una funzione come un ebete matematico astratto?

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