Questa settimana sono a Trieste, per un convegno.
Questo convegno, se vi interessa. Probabilmente sapete che a Trieste ho vissuto quattro anni, da novembre 1998 a novembre 2002, avendo studiato alla
SISSA. Negli ultimi dieci anni ho avuto alcune occasioni di tornarci, sempre per ragioni professionali.
Trieste è' una città che può avere molti difetti, ma è comunque suggestiva e rilassante. Trovandosi in un
cul de sac geografico, è riparata da molti guai dei capoluoghi di regioneò ad esempio il traffico esiste, l'inquinamento anche, ma complessivamente si passeggia più tranquillamente che a Cantù!
Sempre per la stessa ragione, non c'è stato il flusso migratorio delle attività commerciali verso i grandi ipermercati dell'hinterland, soprattutto perché Trieste non ha affatto un hinterland. Quindi le vie centrali sono ancora ragionevolmente ricche di negozi piccoli, assai più gradevoli degli scaffali di un centro commerciale.
E poi ci sono ancora i cinema, quelli di una volta; non bisogna prendere la macchina e raggiungere un multisala alienante in mezzo alle pecore, se si vuole vedere una buona pellicola.
Il lungomare, pur fra tante difficoltà, è ben tenuto, la spledida piazza dell'Unità d'Italia regala emozioni soprattutto dopo il tramonto:
Questa volta non sono alla SISSA, ma
all'ICTP, un centro di fisica teorica che
Abdus Salam volle fondare per gli scienziati provenienti dai Paesi in via di sviluppo. Seppur con qualche freddezza poco italica, l'organizzazione è di altissimo livello. Il personale è disponibile, aiuta a risolvere i problemi degli ospiti, e soprattutto non aleggia quell'atmosfera decadente che le ristrettezze economiche stanno imponendo alle università italiane.
Qui si vive a contatto con giovani (e diversamente giovani, come il sottoscritto) studiosi di tutto il mondo, e nessuno si spaventa per una donna velata o un uomo vestito all'orientale. D'accordo, magari i sapori della mensa non sono quelli tipici della dieta mediterranea, ma non bisogna essere troppo snob.
In chiusura voglio lanciare un appello: cari artigiani triestini, perché non riuscite ad aprire una gelateria degna di tale nome? E perché vi ostinate a vendere i coni contando le
palline, unità di misura buona solo a far pagare caro un gelato quasi invisibile?
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