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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

E intanto il tempo se ne va

Bilancio dell'ultima partecipazione ad un convegno. Premesso che si trattava più di una scuola estiva che di un vero convegno, e premesso che gli argomenti erano ampiamente trasversali e dunque abbastanza impegnativi, il mio bilancio non è positivo.

Con ciò non voglio affatto dire che l'organizzazione sia stata inefficiente o che il livello scientifico fosse insufficiente, tutt'altro. La mia è una considerazione affatto personale: sto diventando troppo vecchio per queste cose. C'è stato un tempo in cui la nuova generazione che frequentava questi incontri era la mia; ormai non più, sono almeno dieci anni più vecchio della media, e soprattutto non ho più la curiosità di imparare argomenti totalmente estranei alla mia preparazione.
Per esempio, uno dei corsi riguardava la cosiddetta analisi isogeometrica. Non mi dilungo in spiegazioni, per il semplice fatto che ho rinunciato dopo i primi quarantacinque minuti. Sicuramente è una disciplina splendida, ma proprio non riuscivo a seguire le lezioni. È andata meglio, per ovvie ragioni, con i sistemi dinamici, per quanto l'accezione di questa terminologia fosse piuttosto diversa da quella in voga fra gli analisti non lineari: per queste persone, un sistema dinamico è un oggetto ingegneristico, che si studia con metodi approssimati; inoltre la biforcazione non è concepita nel senso della teoria delle biforcazioni alla Crandall e Rabinowitz, per intenderci. Costoro definiscono una biforcazione come qualunque fenomeno in minima parte irregolare rispetto alle aspettative di uno scienziato applicato.
Non mi pronuncio sul corso di equazioni differenziali, poiché è il mio settore e naturalmente esprimerei un giudizio viziato dalla conoscenza sia dei relatori, sia degli argomenti esposti. Sfortunatamente, questo corso prettamente teorico non sembra aver riscosso il successo dovuto, fra i partecipanti devoti ai metodi della matematica applicata.

Probabilmente, per ogni scienziato c'è un tempo per seguire i convegni e un tempo per parlare ai convegni. Anagraficamente, io rientrerei nel secondo caso, peccato che nessuno mi inviti ad essere il relatore! Comunque, questi giorni sono stati molto utili per cambiare aria, e recuperare le forze dopo un inverno pieno di didattica e di impegni vari.

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