Fresco di stampa per i tipi di Einaudi Stile Libero Big,
6.41 è l'ultimo libro dello scrittore francese
Jean-Philippe Blondel. Autore di altri romanzi spesso esauriti in Italia, Blondel sembra aver raggiunto l'apice del successo con questo racconto lungo (sono solo 136 pagine, scritte piuttosto larghe) impreziosito da una copertina che invita all'acquisto.
Cécile è una donna più vicina ai cinquanta che ai quaranta, proprietaria di alcuni negozi e imprenditrice finalmente di successo. Madre di una diciassettenne alla ricerca dell'indipendenza e moglie di un uomo con cui condivide ormai ben poco, Cécile sale sul treno delle 6:41 da Troyes a Parigi Gare del l'Est. È stata dai vecchi genitori per la classica visita, e rientra in città con un senso di frustrazione. Il posto accanto a lei resta libero, anzi no: ecco arrivare un cinquantenne trafelato, che le chiede il permesso di sedersi. È Philippe, certo invecchiato male, ma è sempre Philippe. Venticinque anni prima, nel mezzo degli anni Ottanta, ha avuto una relazione giovanile e breve con lui, finita male in una camera d'albergo di Londra.
Anche Philippe la riconosce, e non sa che cosa fare: salutarla, ignorarla, andarsene?
Il libro è un reseconto, a voci alternate, dei pensieri di Cécile e Philippe; la trascrizione dei ricordi e delle considerazioni di chi è sospinto a fare un bilancio della propria vita da un incontro inaspettato e soprattutto indesiderato. Non è un libro che ci cambia la vita, piuttosto un libro che ci mostra
come cambia la vita. Molto europeo, tendente ad esasperare un fatto piuttosto banale come la fine di un rapporto post-adolescenziale. Verrebbe da consigliare ai due protagonisti di pensare ai veri problemi, perché non si può serbare rancore per una scemenza simile.
O forse sì, probabilmente succede ogni giorno. Il libro si chiude con una scena vagamente stereotipata e, ancora una volta, taaaaaanto francese ed esistenzialista.
Complessivamente un buon romanzo, da leggere senza troppe pretese di profondità. Un romanzo da pendolare, ecco.
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