Sul numero odierno del quotidiano
La Repubblica c'è una lettera provocatoria di una professoressa di liceo. Questa collega, provocatoriamente, annuncia che commetterà un reato penale durante gli scrutini di ammissione alla prossima prova di maturità: dichiarerà il falso in atto pubblico pur di contrastare una disposizione ministeriale voluta dal ministro Gelmini.
Di che si parla? Riassumendo, le nuove disposizioni prevedono che condizione necessaria (e nei fatti anche sufficiente, a meno di situazioni molto specifiche) per essere ammessi all'esame di stato è la sufficienza piena in tutte le materie. La docente, con un esempio piuttosto discutibile, esemplifica la sua disobbedienza con il caso di uno studente che abbia la media del 4 in matematica e quella dell'8 in lettere: perché fargli o farle perdere l'anno, se costui o costei intende iscriversi ad un corso di laurea di area umanistica? In fondo $\frac{4+8}{2}=6$, la sufficienza piena.
Lo so, non ho alcuna esperienza di insegnamento scolastico (fatta eccezione per la mia esperienza come studente), e probabilmente dovrei astenermi da ogni giudizio. Però ho ormai un'esperienza decennale di insegnamento universitario, e vedo con i miei occhi i diciannovenni appena sbarcati dalla scuola superiore. La mia personale opinione è che - con il dovuto rispetto - l'atteggiamento della collega non sia di buon esempio nemmeno per i suoi allievi.
Innanzitutto, c'è la questione di diritto: un pubblico ufficiale che disattende gli indirizzi di legge getta discredito sulla categoria intera, oltre a rischiare una denuncia. Posso capire chi disobbedisca (verbo un po' militaresco e sinistro, ma non ne trovo altri) per questioni di coscienza, ma nel caso in esame si tratta di disposizioni perfettamente legittime.
In secondo luogo c'è il perpetuarsi di quel clima che io chiamo "da fiction": sembra infatti essere particolarmente gradito dai frequentatori delle produzioni televisive italiane, dove qualunque errore è perdonato con un abbraccio e una frasetta consolatoria. Sappiamo tutti che la realtà è diversa, e purtroppo assai più dura. Leggere un lieto fine fa bene allo spirito, ma credere che il lieto fine sia un diritto inalienabile genera mostri.
Poiché da anni distribuisco anch'io voti agli studenti, so bene che la media finale non è solo la media aritmetica dei voti. Di più, so che i singoli voti non sono attribuiti schematicamente e senza considerazione dei miglioramenti o dei peggioramenti degli allievi. Ebbene, se al 10 di giugno uno studente ha la media del 4 in una materia, mi sembra ipocrita aggiustare il difetto appellandosi ai buoni voti in un'altra materia. Per i casi borderline, con qualche media appena sotto la soglia di sufficienza, basta un po' di intelligenza e di coordinamento fra insegnanti per offrire agli studenti un'interrogazione in più per dimostrare di poter colmare la piccola lacuna. Ma un 4 è un 4: insufficienza gravissima.
Sento già le obiezioni: a scuola ci sono tante materie, è normale averne qualcuna che non piace ("non sono portato per..."). Vero: ma arrivare alla fine dell'ultimo anno con la media del 4 significa qualcosa di peggio di non amare molto quella disciplina.
Non sono mai stato benevolo nei confronti dei provvedimenti ispirati dal (fortunatamente ex) ministro Gelmini, ma il vincolo della sufficienza in tutte le materie mi sembra tollerabile. E talvolta anche sacrosanto.
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