Jim Thompson, dopo il celebre
L'assassino che è in me, torna in
quest'ultimo romanzo importante della sua vita a far parlare il male in prima persona. Il protagonista del lungo monologo è Nick Corey, primo sceriffo della contea di Potts: scansafatiche, ignorante, perverso e corrotto, da anni riesce a farsi eleggere (in Texas gli sceriffi sono eletti al pari di un sindaco) senza aver mai svolto realmente il proprio lavoro. Sposato con una donna che l'ha incastrato con un'accusa falsa di stupro, e costretto a sopportare il fratello ritardato della moglie (chiedo scusa per il linguaggio poco educato, ma sto cercando di calarmi nell'ambientazione del libro), passa di mazzetta in mazzetta senza prendere posizione nei casi più delicati (semplicemente geniale il suo modo di dire "Non dico che tu abbia torto, ma nemmeno che tu abbia completamente ragione"). In un contesto fortemente razzista, secondo cui i
negri non possiedono l'anima e purtroppo devono essere conteggiati nella popolazione della contea, si barcamena fra due relazioni clandestine in un crescendo di depravazione. Si toglie lo sfizio di uccidere, a sangue freddo, due papponi che gestiscono il bordello cittadino (bordello illegale, ma tollerato per evitare che gli uomini riversino gli istinti sessuali sulle brave ragazze bianche della contea), e con un'abilità quasi inconsapevole scarica la responsabilità sullo sceriffo della contea vicina.
Quando è stanco della moglie e del cognato che si sbava addosso e si diverte a spiare i vicini dalle finestre, orchestra un piccolo e geniale massacro altrettanto inconsapevole.
Come ci ricorda la bella postfazione dell'edizione Einaudi, Nick Corey incarna tutti i peggiori difetti della società americana: il razzismo, la violenza, la capacità di applicare le leggi secondo convenienza. Ma soprattutto il delirio religioso: perché lo sceriffo Corey sente di essere la spada di Dio, colui che che deve punire i peccati degli uomini. E, parole sue, se non ci sono peccatori, bisogna far pagare il doppio agli innocenti, perché così vuole il Signore.
Proprio questo inquietante fanatismo biblico fa di
Colpo di spugna un romanzo intrinsecamente americano. Jim Thompson ebbe una certa popolarità a Hollywood come sceneggiatore, ma i tentativi di trasporre i suoi romanzi migliori per il grande schermo non ebbero mai successo. Ed è piuttosto evidente la ragione: tanto questo libro come il precedente
L'assassino che è in me sono narrazioni di un percorso interiore verso l'abisso. I singoli accadimenti contano meno dei lunghi monologhi dei protagonisti, le revolverate sono ridotte a contorno di una violenza etica e morale ben più terribile.
Un ultimo consiglio per gli aspiranti lettori: non fatevi scoraggiare dall'avvio lento. Nick Corey esordisce da personaggio detestabile e apparentemente stupido, al punto da ricordare un Forrest Gump texano. E invece è proprio la sua abilità malvagia a colpire nel segno, dopo i primi capitoli di introduzione.
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