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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

Se sbagliano i libri...

Preparando le prossime lezioni sulle funzioni continue, mi sono imbattuto nel libro di calcolo differenziale scritto dalla mia ex professoressa di algebra (!). Anni fa le avevo già segnalato un errore piuttosto grossolano nella dimostrazione del teorema di De l'Hospital. Adesso ne ho trovato uno ancora peggiore. Vediamo il pasticcio, passo dopo passo.


Per prima cosa, una funzione $latex f \colon E \to \mathbb{R}$ è continua in un punto $latex c \in E$ se $latex \lim_{x \to c} f(x)=f( c )$. Ovviamente è detto che $latex c$ deve essere un punto di accumulazione per $latex E$. E fin qui, può andare bene. Adesso le autrici (sono due) scrivono che vale il seguente corollario.


Corollario. Se $latex f \colon [a,b] \to \mathbb{R}$ è una funzione continua, allora l'immagine $latex f([a,b])$ è un sottoinsieme limitato.


La dimostrazione? Ovvia, poiché la continuità in un punto implica la limitatezza locale nell'intorno di tale punto. Essendo il punto del tutto arbitrario, il corollario è dimostrato.


E qui casca l'asino. Vediamo di esplicitare il ragionamento delle autrici. Sia $latex c \in E$ un punto arbitrario; per l'ipotesi di continuità, esiste un intorno $latex U_c$ di $latex c$ tale che $latex f(U_c)$ è limitato. E adesso? Qui c'è una falla enorme: per concludere occorrerebbe osservare che $latex \{U_c \mid c \in E\}$ è un ricoprimento aperto di $latex [a,b]$, che è un insieme compatto. Estraendo un sottoricoprimento finito, la conclusione è ovvia. Peccato però che se le autrici avessero a disposizione il concetto di compattezza e il teorema di compattezza dei sottoinsiemi chiusi e limitati di $latex \mathbb{R}$, tutti questi discorsi sarebbero banali e impliciti nella teoria generale. Lo scopo dovrebbe essere quello di dimostrare il teorema di Weierstrass senza un riferimento diretto alla compattezza. Ogni matematico sa che la compattezza deve apparire in una delle molteplici formulazioni, ma sicuramente il fatto che una funzione continua trasforma un intervallo chiuso e limitato in un intervallo limitato non è una conseguenza immediata della definizione di continuità!


Per i lettori curiosi, segnalo che esistono testi universitari che dimostrano il corollario in esame rigorosamente, ad esempio mostrando che ogni successione in $latex [a,b]$ possiede una sottosuccessione monotòna. Così funziona, ed è l'approccio di Fitzpatrick nel suo testo di Advanced Calculus.


Il teorema di Weierstrass miete vittime nel XXI secolo. Chi l'avrebbe detto?

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