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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Recensione: Noi siamo infinito (il libro)

Tempo fa vi ho parlato del film The perks of being a wallflower, tratto dall'omonimo romanzo di Stephen Chbosky. In occasione dell'uscita nelle sale italiane, l'editore Sperling & Kupfer ha ripubblicato il romanzo con il titolo Noi siamo infinito.



Presente per un breve periodo nei cataloghi italiani sotto il titolo Ragazzo da parete, era diventato una rarità introvabile perfino in Rete.
Come vi dicevo nell'altro post, ho adorato il film, e mi sono precipitato ad acquistare il libro. La copertina è una tipica operazione di marketing, ma ci può stare. Il racconto è in forma epistolare, una raccolta delle lettere che Charlie scrive ad un anonimo amico. L'intera vicenda abbraccia i mesi dell'anno scolastico americano, ed è ambientata fra il 1991 e il 1992. Charlie è un ragazzo tormentato da un trauma infantile, che si rivelerà solo nell'epilogo. Frequenta il primo anno delle scuole superiori, e stringe amicizia con Patrick e Sam (Samantha), due fratelli dell'ultimo anno. La loro amicizia è profonda, ma complicata dall'infatuazione di Charlie per la ragazza. Certo, la narrazione si arricchisce di altri personaggi e di altre storie, ma il cuore del romanzo è indissolubilmente legato all'ambiguità dei rapporti fra i tre ragazzi. Patrick è dichiaratamente omosessuale, e cerca di vivere una relazione clandestina con un compagno di scuola più represso, che fatalmente lo ferirà per non deludere le aspettative del padre e, forse, della società.
Ho appena chiuso il libro, e sono un po' deluso. Mentre guardavo il film, mi sono commosso ed emozionato; il libro mi è sembrato vagamente ipocrita. Certo Chbosky, che lo ha scritto nel 1999 a 29 anni, è abile nella gestione dei piani sovrapposti. Vestiti i panni del regista, ha dovuto esaltare alcune parti e comprimerne altre, forse addirittura migliorando la qualità del prodotto.
Leggendo il libro non ci si commuove, perché gli episodi migliori annegano fra quelli banali; la bellissima scena in cui Sam, piangendo, bacia Charlie perché vuole che il suo primo bacio sia quello di una persona che gli vuole davvero bene, si perde troppo nel linguaggio volutamente adolescenziale del libro. Ma in fondo è chiaro che un racconto così ricco di citazioni musicali e cinematografiche trovi la sua perfetta trasposizione nel cinema.
Si legge nel risvolto di copertina che questo libro è diventato un vero cult, ed è facile capirne le ragioni. Chbosky mette in scena cioè che tutti noi siamo stati: la timidezza, la paura di essere diversi da come gli altri ci vorrebbero, la difficoltà di confessare il nostro amore, e, su tutto, la paura di crescere. Perché è di questo che leggiamo, quando leggiamo Noi siamo infinito. Crescere significa lasciare un mondo rassicurante, allontanarsi dai primi affetti, partire e vedere gli amici partire. Quando Sam, la notte prima di andare al college, promette a Charlie che l'uno avrebbe dovuto chiamare l'altra se la solitudine si fosse fatta insopportabile, sa bene che è una pietosa bugia.  E lo sa anche Charlie, che però non sopporta il dolore del distacco e crolla. L'autore non ci rivela se ci sarà un futuro, per i tre protagonisti. Ci spiega solo che Charlie capisce finalmente di non poter vivere una vita da wallflower, sempre in funzione degli altri. È una lezione molto americana, figlia della cultura fondata sull'attesa dell'ora di spiccare il volo.
Meglio il film del libro, perché ogni episodio è esattamente come vorremmo che fosse. O meglio il libro del film, perché le lettere di Charlie non sono sempre come vorremmo che fossero.
In conclusione, riporto un paragrafo che mi ha fatto sorridere (pagina 208 dell'edizione italiana):
[…] Ma, se riesco a rimettermi in pari, uscirò dal primo anno con una bella A in tutte le discipline, il che mi rende estremamente felice. Ho rischiato di non avere il massimo in matematica, ma poi il professor Carlo mi ha detto di smetterla di chiedere sempre "perché?", e di limitarmi ad applicare le formule. E io l'ho fatto. Adesso prendo dei voti stupendi in tutti i compiti. Vorrei soltanto capire che cosa fanno quelle formule. Onestamente, non ne ho idea.
Ognuno di noi ha visto partire la sua Sam, e qualcosa è cambiata per sempre.

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