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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Dalle funzioni ai modelli

Ho ricevuto una copia saggio di questo nuovo libro edito dalla Casa Editrice Ambrosiana, e naturalmente l'ho sfogliato per farmene una prima idea. Il testo presenta alcuni argomenti fondamentali per i corsi di un primo anno di laurea ad indirizzo "scienze della vita" (biologia, biotecnologie, ecc.): vettori e matrici, funzioni, calcolo differenziale ed integrale, cenni alle equazioni differenziali. Rispetto ad un testo più vecchio degli stessi autori, qui manca completamente la statistica, che effettivamente non trova quasi mai spazio nell'unico insegnamento di matematica per questo tipo di lauree.

Il libro è estremamente affascinante per la quantità di modelli biologici presentati nei riquadri di complemento; lo è assai meno per il contenuto matematico, a mio modesto parere. Per il livello qualitativo, è paragonabile ad un testo liceale dei miei tempi, secondo l'abitudine (l'andazzo?) degli ultimi anni. Dopo aver insegnato per decenni che della matematica bisogna spiegare il perché più del come, oggi ci stiamo rimangiando tutto. Quindi via libera alle tabelle sulla gerarchia degli infinitesimi (da mandare a memoria, visto che non c'è traccia di giustificazione), alle tabelle di primitive, all'omicidio di primo grado delle definizioni rigorose.

Non dico che un insegnamento di calcolo elementare sia inopportuno: dico invece che è inopportuno che resti l'unica frequentazione con la matematica moderna nella carriera di uno scienziato. Ho già fatto questi discorsi altre volte, quindi non mi ripeterò. Ribadisco comunque il mio giudizio su queste opere didattiche: ammiccano alla sciocchezza secondo cui bisogna rendere banali le materie complesse, per non turbare l'equilibrio dei giovani allievi. Povere stelle, perché non spostiamo le tabelline all'ultimo anno di liceo, e le frazioni all'università? E pazienza se alcuni studenti del primo anno di matematica non comprendono la distinzione fra "esiste" e "per ogni": la vita è dura, non vorremo angosciarli anche con la definizione di integrale secondo Riemann, vero?

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