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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Parole in libertà dopo la maturità

Ieri si è celebrato il secondo tempo di una delle manifestazioni più antiche della storia d'Italia: l'esame di stato, meglio conosciuto come esame di maturità. E dopo la teoria di affermazioni scioccanti come "Matematica allo Scientifico", "Integrali allo scientifico", "Numeri e lettere allo scientifico", finalmente sono state pubblicate (per la gente comune, i maturandi probabilmente hanno trovato le soluzioni in Rete dopo mezz'ora dall'inizio della prova) le soluzioni ai quesiti. Metto il link del Corriere della Sera soltanto perché conosco personalmente uno dei due risolutori.

Tempo due ore, ed ecco che fa la sua comparsa il sempre-intelligente-e-scomodo PierGiorgio Odifreddi, uno che ha imparato subito a riconoscere la legge di proporzionalità inversa fra l'intelligenza delle dichiarazioni alla stampa e l'eco conseguente. In un video che offre tutto il fascino-irresistibile-dello-scienziato-scomodo-e-indipendente, il buon PierGiorgio  stronca nettamente (quanto è scomodo questo matematico, signora mia!) il testo d'esame, sostenendo in pratica che con una matematica così, è inevitabile che i giovani la prendano in odio.

Non ho avuto tempo di svolgere gli esercizi, fra un (inutile) corso di formazione sulla prevenzione della corruzione e un'emergenza informatica, ma ho letto gli svolgimenti. Mi è sembrato un compito onesto, ben commisurato ai contenuti trattati nel triennio del Liceo Scientifico. Ho l'impressione che Odifreddi ceda alla tentazione di criticare l'ultimo passaggio di una filiera senza considerare che, probabilmente, l'oggetto della critica dovrebbe essere collocato molto prima. Fuori di metafora, se il programma di matematica prevede gli integrali, è inevitabile che la prova d'esame verta sugli integrali. Ma sorvoliamo su questo apparente difetto di consequenzialità logica. Infine, l'esame di maturità non è un mezzo per scoprire talenti, vivaddio. È l'esame conclusivo di un ciclo di studi, e ci mancherebbe pure che il livello di difficoltà premiasse solo gli studenti già pronti per eccellere in un corso di laurea in matematica.

Ammettiamo dunque che la critica sia all'impostazione del sistema e non già al mero esame conclusivo. Il PierGiorgio Odifreddi incoraggia l'introduzione di una matematica più dilettevole e curiosa, per usare il titolo di un fortunato libretto di cent'anni fa edito da Hoepli. Ci può stare, con qualche riserva. Ciò che a mio modestissimo avviso stona, in questa crociata contro la noia della matematica, è l'assunto che la matematica debba essere divertente ed applicata. Ehm... chi l'ha detto?

Mi spiego meglio, o almeno ci provo. Far credere che i matematici siano tutte persone che si svegliano al mattino e hanno un'idea brillante è pura mistificazione. Almeno il 70% della ricerca in matematica è fatto di applicazioni di tecniche e di generalizzazioni di teoremi altrui. Poi c'è una percentuale, minoritaria, di idee innovative e talvolta rivoluzionarie; ma la vita quotidiana del matematico è composta soprattutto da calcoli talvolta faticosissimi. Secondo me questa non è nemmeno una rivelazione: c'è qualcuno ancora convinto che il gioco del calcio sia appannaggio di Pelè, Platini, Maradona? Che cosa avrebbero fatto questi campioni, senza la collaborazione dei tanti Evaristo Beccalossi?

Perché la scienza è solo raramente puro divertimento. Per un risultato eclatante, servono quasi sempre mesi (o anni) di lavoro da "sgobbone". Ai matematici del 2014 servono tutti gli strumenti sviluppati in secoli di ricerche, altro che i problemini che si risolvono solo con i famigerati approcci non standard. Non sto cantando le lodi della mediocrità, al contrario sostengo l'importanza di una comunicazione realistica e disincantata della matematica (e di tutta la scienza, direi).

Nella mia semplicità di persona qualunque ho sempre pensato che un Liceo debba gettare le basi e costruire le fondamenta: per le (eventuali) opere di design ci sarà tempo all'università. Per questo ho sempre segretamente tifato per Johnathan Evans Prichard, professore emerito. Se questo nome vi è nuovo, vi rinfresco la memoria: è l'autore del manuale di letteratura che Robin Williams fra stracciare in una celebre scena del film L'attimo fuggente. Riporto il dialogo più significativo:
Comprendere la poesia di Johnathan Evans Prichard, Professore emerito. Per comprendere appieno la poesia, dobbiamo, innanzitutto, conoscere la metrica, la rima e le figure retoriche e, poi porci due domande: uno con quanta efficacia sia stato il fine poetico e due, quanto sia importante tale fine. La prima domanda valuta la forma di una poesia, la seconda ne valuta l’importanza. Una volta risposto a queste domande, determinare la grandezza di una poesia, diventa una questione relativamente semplice. Se segniamo la perfezione di una poesia sull’asse orizzontale di un grafico e la sua importanza su quello verticale, sarà sufficiente calcolare l’area totale della poesia per misurarne la grandezza. Un sonetto di Byron può avere valori alti in verticale, ma soltanto medi in orizzontale, un sonetto di Shakespeare avrà, d’altro canto, valori molto alti in orizzontale e in verticale con un’imponente area totale, che, di conseguenza, ne rivela l’autentica grandezza. Procedendo nella lettura di questo libro, esercitatevi in tale metodo di valutazione, crescendo così la vostra capacità di valutare la poesia, aumenterà il vostro godimento e la comprensione della poesia.
Ho sempre tifato per il professor Prichard perché la ricerca non va avanti con il metodo di Robin Williams. Se tutti i matematici avessero disdegnato i calcoli lunghi e noiosi, quanta matematica bella ed importante avremmo perso!

Io non possiedo ricette miracolose, ma uno spunto l'avrei: smettiamo di abbassare la qualità dell'insegnamento universitario, e restituiamo all'insegnamento liceale la sua finalità naturale di costruzione del primo piano dell'edificio culturale. I talenti naturali emergeranno comunque, e avranno successivamente il modo di dimostrare la propria originalità nelle sedi opportune. Conoscere ed usare la trigonometria e le regole di integrazione indefinita serve al matematico quanto i principi della statica servono a Renzo Piano.

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