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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Il balletto del libro

Non sono impazzito: sto parlando della consueta pantomima della scelta dei libri di testo per i corsi che tengo. Parlo al plurale, ma dovrei più correttamente riferirmi al corso di matematica per biotecnologi.

Premesso che sono un bibliofilo dai tempi dell'università, fin dal primo incarico mi sono divertito a consultare testi di analisi matematica di base. Ignoravo che mi sarei infilato in una spirale senza uscita.

Il primo anno ho consigliato questo:



Un testo davvero bello e completo; peccato che gli studenti fossero quasi terrorizzati dalle lunghe incursioni culturali nei più svariati ambiti. Pochi lo acquistavano, nessuno lo leggeva.

L'anno successivo ho ripiegato su un classico della didattica milanese. Forse un successo leggermente superiore, ma comunque nessun plebiscito. Il che, in fondo, è anche normale.

Preso dalla smania di cambiamento, ho consigliato un testo recentissimo di un grande didatta. Come il più antico e difficile manuale per le lauree del vecchio ordinamento, devo dire che lo stile del prof. Barozzi mi è sempre piaciuto. Il rigore non manca, e gli esempi colorati piacciono tanto ai cari studenti del primo anno.

Ma il punto è che non sembrano esistere, in lingua italiana, manuali storici come quello di Walter Rudin o anche come quello di Serge Lang. Non essendo primizie sul mercato librario, evidentemente l'accademia italiana pensa di saper fare di meglio. Peggio ancora, il testo di Rudin è stato a lungo sul mercato (ne possiedo una copia usata dei primi anni '90), ma l'editore evidentemente ha riscontrato talmente poco interesse da toglierlo dal proprio catalogo. Certo, le successive riforme dell'insegnamento universitario non hanno agevolato la diffusione di manuali rigorosi e difficili. Al contrario, e non metto link ad esempi per amor di patria, sono spuntati come funghi (velenosi) i libercoli dove il calcolo differenziale è presentato alla stregua di un racconto per addormentare i bambini. Spesso e (mal)volentieri, sono una sequela di capitoli fai-da-te in cui i teoremi sono dimostrati poco e malamente. Qualche anno fa ho dovuto segnalare all'editore un errore alquanto subdolo in un testo scritto dalla mia professoressa di Algebra. Capisco che se io scrivessi un manuale di algebra, quasi sicuramente commetterei imprecisioni; ma le case editrici dovrebbero sottoporre le proposte editoriali ad un panel di esperti della disciplina. Se stampi un libro in cui la dimostrazione del teorema di De l'Hospital è cannata (come dicevamo da ragazzini), gil studenti impareranno una dimostrazione sbagliata.

Ebbene, visto che tanto nessuno mi paga per consigliare questo o quel testo, mi sono scritto da solo le mie belle Lezioni di Analisi Infinitesimale. So che sono spesso ridondanti, imprecise, magari conterranno altrettanti errori ed infelicities. Ma almeno so sempre di chi è la colpa.

 

Commenti

  1. Da "giovane" ero un divoratore di libri. Per l'esame di algebra credo di
    aver letto ogni libro disponibile in biblioteca. Ma erano altri tempi e più
    per cultura (o cazzeggio) personale.
    Dovessi tenere un corso, opterei per "le note del docente" in versione pdf
    (un distillato di quello che c'è di meglio a parere del docente stesso).
    Chi vuole passare l'esame si concentra su quelle, gli altri (pochi) in genere
    hanno anche l'intraprendenza di andare in una biblioteca e trovarsi altri libri
    per approfondire argomenti attigui o avere altri punti di vista.
    ps
    ultimamente avevo dato un'occhiata a queste note:
    http://www.mat.uniroma1.it/people/mascia/Analisi0809/AnalisiParte1.pdf

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  2. E' vero che l'università è molto cambiata. I nostri esami annuali, in tutto diciannove, se ben ricordo, ci consentivano di restare molto a lungo su ogni corso. E poi tendo sempre a dimenticare che la laurea in matematica è estremamente specializzata. Io faccio fatica a mettermmi nei panni di una matricola che deve conciliare matematica, fisica, chimica, biologia, ecc. ecc. Io avevo una grande passione e studiavo (quasi) solo quella materia.
    Per esperienza da studente, le note del docente mi hanno sempre creato problemi. I ricordi migliori sono legati ai professori che scegliavano un buon libro di testo, o anche più di uno. Il fatto è che scrivere le dispense è un lavoro affascinante ma molto pericoloso.

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  3. può essere, ma è innegabile che quello che scrivi nelle dispense poi
    coincide con quello che pretenderai all'orale!
    Ma poi, non fai prima a chiedere cosa preferiscono il primo giorno
    di lezione? Fai ad alzata di mano...
    :-D

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  4. Come insegna Bill Gates, mai chiedere ai tuoi "clienti" che cosa vogliono, perche' non lo sanno ancora :-)
    Per quanto riguarda l'alzata di mano, negli anni ho capito che il professore non deve essere troppo amico. Le matricole di perdono, se non hanno qualche punto di appoggio, e il libro di testo e' uno di questi punti. E' triste, ma a diciannove anni fanno molta fatica a scegliere quello che vogliono e che preferiscono.

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  5. e scarichiamoci queste note del secchi... a fine corso ti dico
    che ne penso :-)

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