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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

Povero italiano!

Titolo ambiguo, come spesso. Può essere interpretato come Povero (cittadino) italiano!, e non avrei nulla da obiettare. Ma in questo caso mi riferisco alla lingua italiana.

Sono un (modesto) matematico, e in quanto scienziato ho dovuto acquisire una certa familiarità con la lingua inglese; fatta eccezione per gli scienziati più anziani, è ormai impossibile fare scienza in italiano. E fin qui, tutto bene. D'altronde, se andate ad un congresso e non parlate l'inglese, le speranze di avere un minimo sindacale di rapporti professionali si riducono a zero.

Ma è anche vero che il nostro provincialismo sta prendendo il sopravvento. Quante volte ho dovuto sentire conversazioni fra matematici italiani che parlavano più o meno come segue?

Ma hai letto l'ultimo paper di XY? Dimostra che tutte le equazioni Schroedinger-like ricadono nella categoria dispersionless! Basta applicare un teorema dimostrato in un preprint pubblicato nel repository dell'università di ZZ, e il gioco è fatto. Se poi prendi le lecture notes per il suo corso di Ph.D, che cita nell'abstract del preprint, ti puoi fare un'idea del background necessario per capire anche i più recenti lavori di review.

Ora, possibile che un italiano non utilizzi parole come "dispense" invece di "lecture notes", e di "sunto" invece di "abstact"? Basta paper, si chiamano articoli!

Commenti

  1. per non parlare degli economisti! (ma secondo me quelli usano l'inglesorum come don abbondio il latinorum)

    Preprint e abstract però li passerei, ormai hanno un significato un po' più preciso di bozza e sunto...

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