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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

Senza dimostrazione

Da qualche anno l'università italiana ha introdotto l'usanza di insegnare la matematica (quasi) senza dimostrazioni. Dice: "a che servono le dimostrazioni a un biologo o a un farmacista?" Quindi si narrano teoremi, nell'accezione cara a Nichi Vendola, come fossero brevi poesie. Perfino le ipotesi, che diventerebbero più chiare se si vedessero le dimostrazioni, sono liquidate come fatti (quasi) sempre veri nei casi pratici. Peccato che gli studenti abbiano l'abitudine di far volare la fantasia, come il seguente esempio dimostra (!).

Volendo calcolare il limite $\lim_{x \to 0} \frac{1}{x+e^x}$, posso applicare il teorema di De l'Hospital (giacché tutte le ipotesi sono soddisfatte), e dedurre che
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\lim_{x \to 0} \frac{1}{x+e^x} = \lim_{x \to 0} \frac{0}{1+e^x}=0.
$$


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