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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

Funzioni elementari, Watson

Riporto di seguito un mio intervento nel forum per il TFA delle classi A047 e A049. Si parlava di funzioni elementari e proprietà delle potenze, ma la discussione si è presto allargata fino ad abbracciare questioni di respiro più generale. Ad esempio, l'approccio a queste funzioni dal punto di vista dell'insegnante, e infine l'opportunità di esporre idee moderne ma obiettivamente avanzate agli studenti secondari.
 
[…]La questione delle (cosiddette) funzioni elementari è una delle dolenti note di qualunque docente. A livello universitario, sembrano esserci due scuole di pensiero: (a) quella dei docenti che non introducono le funzioni elementari, sostenendo che la scuola dovrebbe (almeno) insegnare questo; (b) quella dei docenti che parlano delle funzioni elementari secondo tradizione, appoggiandosi cioè all'intuizione geometrica per seni e coseni, e al buon senso algebrico per esponenziali e logaritmi.
I docenti di tipo (a) hanno ottime ragioni: non si può ripartire da Adamo ed Eva ogni volta. Una matricola deve essere in grado, nel malaugurato caso che ne avesse bisogno, di studiare autonomamente l'equazione della retta nel piano e le proprietà fondamentali dei logaritmi.
I docenti di tipo (b) compiono un'opera meritoria, ma si precludono forse l'opportunità di introdurre rigorosamente queste funzioni.
 
Che significa, nel nostro contesto, l'avverbio rigorosamente? Qual è la definizione rigorosa della funzione esponenziale? 
 
Negli anni ho utilizzato vari manuali di calcolo differenziale ed integrale, constatando un'inquietante tendenza a tacere la costruzione, o almeno la definizione assiomatica, di $\mathbb{R}$. Molti decenni fa, Walter Rudin affermava, nella prefazione ai Principi di analisi matematica, che gli studenti non sentono affatto l'esigenza di costruire $\mathbb{R}$, essendo già capaci di operare con i numeri reali. Questa affermazione, seppur calata nel contesto dell'accademia statunitense degli anni '50, mi ha sempre colpito: perché è vera. Ma ha risvolti un po' estremi: volendo essere consequenziali allo spasimo, occorre riconoscere l'essenziale impossibilità di fare esempi che coinvolgano potenze (ad esponente non intero), esponenziali, logaritmi e funzioni goniometriche. Così fa Rudin, che riesce ad esporre tutta l'analisi matematica di base senza mai parlare delle funzioni elementari (se non, scusandosi, in un controesempio).
Conosco un professore del Politecnico di Bari che insegna le funzioni elementari partendo dal logaritmo come integrale definito e dall'identità $$\arctan x = \int_0^x \frac{dx}{x^2+1}.$$ Non ho mai avuto, tuttavia, il privilegio di chiedere ad un suo allievo se fosse chiara l'esigenza stringente di essere così radicali.
Se tutto ciò crea dilemmi ai docenti universitari, tanti più ne deve creare agli insegnanti di scuola superiore, dove è evidentemente improponibile di arrivare al mese di maggio del quinto anno per dire che cosa sia $\log x$. Il mio sommesso consiglio è semplicemente quello di non insegnare cose false. Ad esempio, meglio forse concentrarsi sui classici radicali, piuttosto che partire entusiasticamente per i lidi delle potenze reali ad esponente reale. Uno studente che padroneggi il senso di una scrittura come $\sqrt[n]{x}$ potrà, nel caso, sforzarsi di capire il senso di $3^\pi$; al contrario, maneggiare con leggerezza le proprietà delle potenze rischia di condurlo a forti delusioni.
 
Infine, osservo che ricorre frequentemente il tema che potremmo sintetizzare in una battuta: perché dovrei parlare di queste cose avanzate, se i miei ragazzi credono che $10^{-1}$ sia un numero negativo?
Parlando con amici insegnanti, ho riscontrato spesso questo sconforto, e altrettanto spesso ho ripensato ai miei anni da studente liceale. Non so perché avevo amici, iscritti ad istituti professionali, che a 19 anni sapevano risolvere equazioni differenziali del secondo ordine, mentre adesso sembra un'eresia perfino la spiegazione della convessità. Probabilmente c'è un discorso sociologico abbastanza profondo, che non riesco a fare per mancanza di titoli. Ma non vorrei che ci fosse anche, da parte degli insegnanti, il timore di apparire troppo esigenti. A tutti noi spiace che un nostro studente ottenga pessimi voti, ma forse dovremmo scrollarci di dosso l'ossessione che sia sempre colpa nostra.

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