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Libreria Vaghi
Ieri ho ordinato tre libri di matematica. Non mi capitava da tempo, perché la ricerca si fa prevalentemente sulle riviste scientifiche, mentre i libri sono soprattutto di riferimento. Li ho ordinati sul sito della più grande libreria online mondiale, e nel giro di pochi giorni li riceverò comodamente in dipartimento. Ma non è sempre stato così.
Fin dagli anni del liceo, sono stato un accanito compratore di libri professionali: accumulavo grammatiche latine, le opere con testo a fronte dei classici, i dizionari di inglese, i manuali di matematica. Passato all'università, cercavo libri scientifici sempre più avanzati, ed ero fiero della mia piccola biblioteca essenziale di matematica. Il primo problema da risolvere è stato quello più concreto: dove comperare questi testi? Sono nato e cresciuto in una città di provincia, con poche librerie votate ai volumi che scalano le classifiche. Il primo libro di matematica "da grandi" l'ho ordinato alla libreria dell'infesciato (è l'italianizzazione dell'aggettivo dialettale infesciaa, che significa essenzialmente imbranato, impedito), che per cinque anni mi aveva procurato i testi liceali. Ricordo di aver aspettato circa sette mesi, confermandomi che il proprietario era davvero infesciato. Doveva esserci una soluzione migliore.
Un giorno, prendendo in prestito un manuale nella piccola biblioteca universitaria del polo di Como, notai un cartellino giallo appiccicato alla terza di copertina: era la pubblicità della libreria commissionaria Vaghi di Milano, in via Teodosio. Non sapevo nemmeno che esistessero librerie prive di scaffali, unicamente dedicate al commercio su ordinazione diretta. Telefonai per chiedere se potessi ordinare un libro che stavo cercando, edito da Springer. Nemmeno quella volta ebbi fortuna, perché il libro era fuori catalogo da tempo. I
o, con l'ingenuità dei vent'anni, telefonavo tutti i mesi al signor Vaghi e chiedevo notizie sul mio ordine; avrebbe potuto liquidarmi con poche parole, e invece mi diceva sempre che avrebbe cercato di recuperarne una copia in qualche modo. Alla fine, mi telefonò lui stesso, annunciandomi che Springer aveva ristampato il volume in una nuova collana di classici della matematica; il giorno successivo corsi a Milano a ritirarlo.
Dopo quella volta, ho acquistato dal signor Vaghi di via Teodisio qualche decina di testi, che costavano un occhio della testa e che richiedevano un rituale ormai dimenticato: io mandavo un fax con i dettagli dell'ordine, il signor Vaghi lo inoltrava alla casa editrice, attendeva la fattura, la pagava, e infine il libro veniva spedito per posta ordinaria. Mediamente, occorreva un mese per poterlo avere in mano. Eppure ero soddisfatto: il libraio era una persona squisita, sempre pronto ad aiutarmi con un libro di difficile reperibilità, stampato a Singapore o in Australia. Ogni libro era una mezza giornata di viaggio, da Cantù alla periferia nord-est di Milano, oltre naturalmente al prezzo di copertina; ma pazienza, sapevo di potermi fidare.
Nel mese di settembre del 1997, quando il mio relatore di tesi mi disse di studiare attentamente i Ginzbug-Landau vortices di Béthuel, Brezis e Hélein, edito da Birkhäuser, lo ordinai alla libreria Vaghi con una certa urgenza; invece di una risposta standard, mi assicurò che l'avrebbe pagato con la carta di credito della libreria, in modo da farmi avere il libro in un paio di settimane.
L'estate successiva, ricordo che andai a ritirare un paio di volumi a metà di luglio, e ne approfittai per ordinarne un altro. Ero certo che sarebbe arrivato solo in settembre, ma il signor Vaghi disse che in agosto sarebbe venuto in città abbastanza spesso, perché doveva accompagnare in ospedale la moglie per un ciclo di cure. Aveva un aspetto sofferente, eppure si impegnava per accontentare un cliente privato come me, che certo non poteva essere una fonte di grandi profitti. Il libro non arrivò in agosto, e lo ritirai in settembre. Mentre pagavo il conto alla signorina che teneva la contabilità, entrò il signor Vaghi e mi disse: "Devo darle una notizia, non so se per lei sarà buona o cattiva. Ho deciso di chiudere l'attività e di tornare definitivamente a Firenze. Se ha bisogno di qualche volume, me lo dica ora, forse facciamo ancora in tempo."
Era una persona cordiale ma riservata, e si capiva che non era una scelta serena. Dopo un paio di mesi, cessò definitivamente l'attività, e io non ne seppi più nulla. Anzi, credo di non aver nemmeno mai saputo quale fosse il nome di battesimo del signor Vaghi, che per quasi cinque anni mi aveva aiutato nelle ricerche bibliografiche più complesse.
A costo di sembrare banale, non ho mai trovato una libreria efficiente come quella. Il portafoglio dei clienti passò ad una grande libreria commissionaria proprio di Firenze, che il signor Vaghi mi raccomandò con queste parole: "Io lascerò tutti i miei clienti fidati a questa commissionaria. Le procureranno i libri, ma non so se si troverà bene." Restai un po' sorpreso per quella pubblicità così scettica, e alle prime esperienze con la nuova libreria capii perché: era impossibile creare un rapporto di fiducia, l'accesso agli uffici era proibito, e dovevo farmi spedire per posta i miei acquisti. Solo per la prima volta, in quanto ex cliente di Vaghi, il responsabile dell'ufficio di Milano mi concesse di ritirare i miei libri di persona. Sfoggiando il tipico sorriso mellifluo del piazzista di pentole, disse: "Allora, lo dica che siamo molto meglio di quelli di prima". Fu il mio primo e ultimo acquisto.
Per qualche tempo ho sperimentato tutte le librerie commissionarie del nord, per arrendermi infine alla dittatura del web. Certo, su internet si trova quasi tutto, basta saperlo cercare. Ma trovava quasi tutto anche il signor Vaghi, senza vantarsi troppo della propria abilità.
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