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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Svizzero-italiano

Stamattina, facendomi la barba, pensavo ad alcune questioni legate al corso che terrò il prossimo anno. Senza apparente motivo, mi è tornata in mente una mia amica, cresciuta in Svizzera. Da lei ho imparato l'espressione "ho bocciato"; ovviamente corrisponde al nostro "sono stato bocciato", eppure c'è una sottile e perversa differenza.
Lo studente italiano incolpa palesemente il sistema per il proprio fallimento: è stato quell'incompetente del professore, ovviamente prevenuto nei miei confronti, a valutarmi ingiustamente. Lo studente svizzero incolpa se stesso: io ho fatto male l'esame, e ho avuto il giudizio che meritavo.

Magari esagero, ma è un piccolo sintomo della mania di persecuzione endemica nel cittadino italiota. I meriti sono personali, le colpe sono sempre di qualcun altro.

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