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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Nella vita reale

Ho da poco scoperto il forum di matematica di StackExchange. Mi piace frequentarlo e, quando posso, contribuire. Da tanti anni, praticamente da quando ho conosciuto Internet, leggo il gruppo NNTP it.scienza.matematica, che ultimamente è rovinato dai provocatori di professione e da qualche cretino. Su StackExchange è facile imbattersi in domande di matematica davvero avanzata, affiancate a domande di matematica cosiddetta elementare.

Qualche giorno fa ho risposto ad una domanda di un ragazzo (immagino) americano, che chiedeva spiegazioni sul calcolo di una derivata. Tanti lettori gli hanno risposto che bastava applicare la definizione di derivata e fare qualche passaggio algebrico. Dopo un paio d'ore, il giovane ha ribattuto che proprio la definizione di derivata non gli era chiara: che cos'è, si domandava, la derivata nella vita di tutti i giorni? Come si tocca con mano la derivata?

Sono domande che ogni insegnante di matematica sente almeno una volta. Gli autori di libri propongono scaffali di risposte surgelate: la derivata è la velocità istantanea; la derivata è il tasso di crescita; la derivata è la pendenza della retta tangente, eccetera eccetera. Da quando insegno mi sono rassegnato alla constatazione che questi esempi sono quasi completamente inefficaci. Lo studente ti chiede "che cos'è davvero la derivata?", e tu gli/le rispondi che è la velocità istantanea. Plonk! Come buttare un sasso nel mare.

Ecco, temo che questi sforzi encomiabili di accostare una definizione matematica ad un oggetto della nostra quotidianità siano tendenzialmente inutili. D'altronde la velocità non è la derivata, ma si calcola con una derivata. Giriamo sempre intorno allo stesso baricentro: la matematica deve essere studiata e compresa, se possibile, per se. Dopo aver capito le definizioni matematiche, gli esempi e le applicazioni diventano evidenti. Guai invece a studiare la matematica per esempi, poiché la matematica è forse l'unica scienza in cui l'esperienza di un numero finito di esempi non implica assolutamente la correttezza della teoria. Tutte le funzioni cosiddette elementari sono di classe $C^\infty$ (all'interno del rispettivo dominio di definizione), e purtuttavia abbondano le funzioni discontinue.

L'insegnamento della matematica mediante esempi specifici è complessivamente scorretto e inefficace. Possiamo tollerarlo agli inizi, quando gli studenti devono ancora sviluppare gli adeguati schemi mentali di astrazione e di deduzione. Ma la matematica universitaria dovrebbe essere insegnata nel privilegio del ragionamento rigoroso, sviluppando la consapevolezza che ogni affermazione, nella logica matematica classica, è vero o falso. Tertium non datur.

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