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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament...

Perché siamo diventati così ignoranti

Rubo il titolo ad una pagina del Corriere della Sera, a cura di Claudio Magris. Sì, quello scrittore che ho criticato per l'ignoranza ostentata nelle critiche dei social network. Rimandando all'originale per la doverosa lettura completa, e sottolineando che ancora una volta il Corriere della Sera brilla per la banalità degli argomenti (siamo tutti ignoranti, non ci sono più le mezze stagioni, signora mia che tempi, ecc. ecc.), azzardo una congettura: siamo (ma lo siamo?) più ignoranti perché non selezioniamo i mezzi di istruzione.

Intendo dire che il passaggio dal libro (magari di testo) al fantastilione di informazioni presenti in Rete è umanamente insostenibile. È un fenomeno ben noto a qualunque insegnante: meglio usare inizialmente un libro di riferimento, invece che proporne dieci alternativi o complementari. Saper discernere fra le informazioni importanti e quelle superflue appartiene all'individuo già intellettualmente maturo, non certo al principiante.

Sinceramente credo meno alla teoria sulla qualità, secondo cui sarebbe la mancanza di controllo dei contenuti pubblicati in Rete a guastare l'apprendimento culturale. D'accordo, un'enciclopedia tradizionale è controllata dal comitato editoriale, ma Wikipedia è controllata da milioni di lettori che segnalano abusi e imprecisioni in tempo (quasi) reale.
Per me, come dicevo, è più pericolosa la quantità: avere a disposizione migliaia di pagine per approfondire ed imparare spinge sostanzialmente a fare altro, a rinunciare. Da una parte siamo scoraggiati dalla mole di notizie, e dall'altra diamo per scontato che basti aprire un browser per essere istruiti. Troppa offerta, non offerta di scarsa qualità.

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